Alberto Gianfreda, Split Landscape, zanzariere Ikea e legni torniti, 2019 courtesy @ l'artista |
Il tema del rapporto arte e territorio, sia nel senso fisico del contesto in cui viviamo e - come direbbe Heidegger - abitiamo è da sempre al centro della mia ricerca. Credo infatti che si tratti di un tema di fondamentale importanza per la nostra epoca e per il mondo in cui viviamo.
Per questo il progetto di Alberto Gianfreda Leggere il territorio con l'arte mi ha affascinato e interessato subito.
Per capire meglio di che cosa si tratta ho fatto una bella chiacchierata con lui. Alberto è un artista bravissimo, il cui lavoro seguo con molto interesse ormai da anni. (su questo blog ne ho parlato qui in occasione di una recente mostra londinese, e qui, per un progetto comune all'Accademia di Brera)
Ma ecco la nostra chiacchierata su Leggere il territorio con l'arte. Buona lettura!
Ma ecco la nostra chiacchierata su Leggere il territorio con l'arte. Buona lettura!
In questo periodo si
sente una crescente sensibilità ai temi che riguardano la città, il city
branding, il rapporto tra città e arte o cultura in generale. Che cosa vuol
dire leggere il territorio con l’arte?
Leggere il territorio con l’arte
è una sperimentazione che fa partecipare l’arte ai processi di pianificazione urbana
impiegandola come sismografo dei bisogni di un territorio, in dialogo con le
discipline che tradizionalmente sono impiegate nel disegno della città. Il
metodo, che stiamo mettendo a punto con il gruppo di lavoro interdisciplinare, risponde
a urgenze comuni alle pratiche di pianificazione e a quelle artistiche. Entrambe
necessitano di ripensarsi in relazione ai nuovi bisogni delle città in trasformazione.
L’arte nello spazio pubblico è ridotta a elemento finale e ornamentale di un
processo di disegno urbano ed è sempre più di frequente inserita in processi di
brandizzazione. Ad oggi l’approccio più significativo che l’arte ha
sperimentato, come l’architettura, è quello dei metodi partecipativi, cercando
strategie per includere la cittadinanza nei propri processi di progettazione o
realizzazione.
Penso che la questione oggi non sia tanto immaginare metodi che rendano
l’arte partecipata, quanto trovare la strada per far tornare l’arte a
partecipare.
Il grafico presenta le pratiche consolidate e la proposta introdotta da Leggere il territorio con l’arte
Come nasce il
progetto Leggere il territorio con l’arte?
Da scultore ho sempre ritenuto fondante il rapporto tra arte
e architettura. Non mi è mai interessato molto indagarlo dal punto di vista
delle mescolanze formali, quanto piuttosto, approfondire possibili prestiti di
strumenti disciplinari.
Quale momento migliore per far incontrare le due discipline
se non all’origine dei processi di lettura della città?
Così è nata la volontà di mettere a punto un metodo che permettesse
agli artisti, con la propria sensibilità e linguaggio, di contribuire alla
lettura dei bisogni urbani, non solo funzionali, come vogliono le pratiche
consolidate, ma facendo emergere la sfera sensibile ed emozionale che
caratterizza un determinano territorio.
Dialogando con Alberto Zanchetta - direttore del MAC - abbiamo
individuato nella città di Lissone, a nord di Milano, il Mo.VE – Museo
Verticale - una struttura nata in occasione di Expo 2015, posizionata lungo una
strada ad alto scorrimento che unisce Milano a Lecco. Si tratta un interessante
elemento architettonico che, non riuscendo ad agire in maniera significativa
nel tessuto urbano, interroga l’amministrazione locale sul suo futuro.
Come è composto il
vostro gruppo di lavoro?
Per Leggere il
territorio con l’arte abbiamo ritenuto importante garantire una pluralità
di approcci all’area coinvolgendo quattro artisti che impiegassero medium
differenti come la fotografia, il suono, la danza e la scultura. Gli interventi
realizzati in successione hanno toccato tematiche ritenute da ciascuno rilevanti
nel contesto. Oltre a noi l’associazione PRI aps, collettivo di artisti del
territorio, ha sviluppato degli spin-off dei quattro interventi pilota, con
l’obiettivo di approfondire la validità delle osservazioni emerse da questi. Gli
otto “eventi” sono stati osservati da un gruppo di psicologi urbani
dell’Università Statale di Milano che hanno raccolto i dati intervistando gli
artisti prima e dopo il loro intervento, con l’obiettivo di intercettare le potenzialità
del territorio. Tutto il processo è stato affiancato dalla presenza degli
architetti.
Mi racconti qualcosa
degli interventi che avete già fatto?
Gli interventi pilota hanno affrontato macro-tematiche differenti
ma in continuità tra loro. Hanno posto l’attenzione sulle qualità sonore
dell’area e della luce, sul rapporto tra corpo e struttura e sulla funzione di
filtro che caratterizza il Mo.VE. Provo attraverso Let the Sun Shine di Jessica Soffiati e il suo spin-off, Night Drive a rendere evidente il metodo
di lavoro. Lo faccio con due immagini!
Quali sono i prossimi
interventi previsti?
Al momento è in atto Flâneur,
l’ultimo spin-off del mio intervento nel quale ho provato ad estendere
poeticamente la funzione di filtro che attua il Mo.VE. Split Landscape aveva fatto emergere la difficoltà fisica di
raggiungere la struttura per scarsità di percorsi, così PRI aps ha ritenuto di
dover disegnare possibili camminamenti che mescolano il valore di percorso
funzionale a quello labirintico, attuando un détour attorno al Mo.VE.
Verso metà maggio terminerà quest’ultimo intervento e procederemo
all'elaborazione e restituzione dei dati qualitativi raccolti che andranno ad
ampliare la lettura tecnicistica dell’area già in possesso dell’amministrazione.
Alberto Gianfreda dettaglio di Ornamenta, vaso cinese e catena alluminio, 2019 courtesy @ l'artista |
Il progetto è
potenzialmente esportabile in altri contesti?
Leggere il territorio
con l’arte è la prima sperimentazione che conduco in un contesto così complesso.
Le precedenti esperienze, servite a mettere a punto il metodo, si sono svolte
in territori ridotti e profondamente differenti da questo. Il metodo è
adattabile e si precisa in relazione al contesto. Il metodo può essere
applicato in aree “marginali e periferiche” ma anche su aree centrali e
interstiziali generate dalla rapida modificazione di aree urbane non considerate
inizialmente dalla pianificazione, condizione frequente in aree come la città
di Milano. Al momento stiamo già provando a calibrare la sperimentazione su
altri territori in cui da bando sono stati richiesti interventi di
pianificazione con particolare attenzione alla dimensione sensibile locale.
Ti saluto con questa
domanda: che cosa intendi con la frase «non arte partecipata, ma che
partecipa»?
Come scritto prima, sono anni che l’arte esprime il bisogno
di misurarsi con luoghi del vivere quotidiano come la città, con contesti fuori
dal mercato, con i bisogni delle persone, cercando nuove energie attraverso l’attivazione
di fattori esterni all'opera come il coinvolgimento del “pubblico”. Quello che
a me interessa invece non è tanto far partecipare la cittadinanza,
coinvolgimento che resta fondamentale per la lettura e la comprensione dei
bisogni di un territorio, ma partire da un’ammissione: l’arte deve partecipare
e tornare ad esercitare una “forma libera di servizio”.
Per informazioni sul progetto: www.leggereilterritorio.com
Per informazioni sul progetto: www.leggereilterritorio.com