Fichte rules! Un lavoro di Alberto Gianfreda @Art Apartments, London



Alberto Gianfreda, Davanti al Futuro, 2018 - courtesy @ l'artista - ph Valentina Giora


Nella Dottrina della Scienza (1804) Fichte dice che ci sono tre principi:
Il primo principio dice che l’Io pone sé stesso.
Nel secondo principio si dice che l’Io pone il Non- io (l’altro?)
Infine, nel terzo principio, l’Io pone, ad un Io divisibile, un Non- io altrettanto divisibile.

Sarà perché ho letto Fichte tramite Pareyson (e Vattimo a suo tempo), non so, ma ho sempre pensato che la dialettica di Fichte, molto più di quella di Hegel, abbia uno straordinario (doppio?) senso esistenziale. 

Che cosa vuol dire questo essere, anzi questo diventare divisibile l’un l’altro, l’uno per l’altro, di Io e Non- Io? Chi è questo Io? Se Io sono Io, il Non-Io sono gli altri. Reso in termini esistenziali potremmo dire: me, e l’altro da me. Entrambi, se vogliamo parlarci, dobbiamo divenire divisibili.

Solo quando una realtà si apre, si rende divisibile, per dirla con Fichte, verso il proprio ospite (qualcuno/qualcosa di diverso, di nuovo) si compie il miracolo.  Qualcosa di nuovo nasce.



Alberto Gianfreda, Davanti al Futuro, 2018 - courtesy @ l'artista - ph Valentina Giora


Il progetto Art Apartment ha a che fare con principi molto simili a questi, tanto da farmeli venire in mente. Si svolge a Londra e funziona come una residenza per artisti, orientata alla creazione di un evento espositivo con opere create ad hoc per l’occasione.  Così, la città di Londra ospita artisti stranieri e li invita a lavorare sul tema, appunto, dell’apertura al nuovo e all’altro, della commistione e della mescolanza di culture, saperi, esperienze e, ovviamente, arte. Siamo alla visione della città come melting pot di culture e modi di essere diversi, ma anche e soprattutto come organismo che cresce e si sviluppa nel contatto con ciò che è altro da sé, da cui trova stimolo, nutrimento, energia.


Alberto Gianfreda (Desio, MB, 1981. Vive e lavora a Milano, dove insegna tecniche di scultura all’Accademia di Brera) è uno scultore di cui seguo da anni il lavoro. E un suo lavoro è oggi esposto a Londra per Art Apartment. S'intitola Davanti al futuro.



Alberto Gianfreda, Davanti al Futuro, 2018 - courtesy @ l'artista- ph Valentina Giora



Avete presente l'antica tecnica del kintsugi? Il kintsugi è quel procedimento, nato anticamente in Giappone, per cui un oggetto, per esempio un vaso rotto, non viene né gettato né semplicemente ricomposto. Al contrario, chi pratica il kintsugi ripara l’oggetto saldandone i cocci spezzati con un filo d’oro, rendendolo ancor più pregiato di quanto prima non fosse. Il kintsugi promuove un atteggiamento opposto a quello consumistico: qui non si tratta di usare e poi buttare. Qui si tratta di ricomporre i pezzi, ritrovare un senso alle cose perdute.
È la celebrazione della resilienza. Vuol dire che anche l’animo umano, che si frantuma sui dolori della vita, può ricomporsi in qualcosa di nuovo e più prezioso di prima. Basta aprire, aprirsi al nuovo.
Dobbiamo diventare divisibili.


Alberto Gianfreda, Davanti al Futuro, 2018 - courtesy @ l'artista- ph Valentina Giora


In questo lavoro Alberto Gianfreda fa qualcosa di simile e insieme di diverso da quanto facevano gli antichi maestri di kintsugi. Prende vasi di origine industriale, realizzati in serie, oggetti fragili e non di valore artistico o economico, e li rompe, ma solo per poi ricomporli di nuovo, in un altro modo.

Non ne ricuce i frammenti con un filo d’oro, ma fa un gesto altrettanto nobile. Proprio perché l'oggetto da cui si parte è dozzinale, nel lavoro avviene uno slittamento. Dal banale, realizzato in serie, si arriva ad un pezzo unico.
I frammenti del vaso originario sono ricomposti in modo diverso, così prendono vita e senso. O meglio sarebbe dire che trovano nuova vita e nuovo senso.
Il suono dei vasi che vanno in frantumi è registrato e si ode in loop, fin da prima di varcare la sala espositiva. Diventa una specie di musica, qualcosa che fa parte del rito.
L’oggetto di prima trova ora una nuova forma, una nuova Gestalt.



Alberto Gianfreda, Davanti al Futuro, 2018 - courtesy @ l'artista- ph Valentina Giora


La ricomposizione non è dunque mai uguale a sé stessa, ma è concepita come mobile, in movimento.
Ciò che c’è di prezioso qui non è l’oro, ma al contrario il fatto stesso di sapersi frantumare, cioè dividersi e poi ricomporsi, trovando nuove vie e nuovi percorsi, trasformandosi in qualcosa di altro e di nuovo.

Vengono in mente quelle vite standardizzate che molti di noi (ahinoi) hanno, o si costruiscono, almeno fino ad una certa età. Finché qualche evento esterno non sopraggiunge e manda tutto in frantumi. Allora siamo costretti a ricostruire tutto da capo, ma proprio così scopriamo possibilità nuove, cose insospettate, di cui magari non pensavamo di essere capaci o persino di volere.
E così, improvvisamente, senza rendercene conto e senza forse averlo neppure sperato, scopriamo la felicità. E capiamo che quell'andare in frantumi era una benedizione, perché solo in questo modo abbiamo trovato la nostra strada. Quella unica e personale nostra, non quella di tutti (Heidegger avrebbe detto del "si", nel senso di "si dice" "si fa" ecc.)

Fichte diceva: l’Io pone a un Io divisibile un Non-Io altrettanto divisibile. È questo diventare divisibili la chiave del dialogo. È qui che si compie l'inaspettato e tutto cambia.