Noi, George Orwell e il doublethink


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Centoquindici anni fa come oggi nasceva George Orwell, il grande scrittore inglese autore, tra gli altri, del romanzo 1984
Amo molto quel libro  - e insieme lo temo, perché l'universo distopico che vi viene raccontato, troppo spesso mi pare ricordare anche troppo da vicino almeno qualcosa di ciò che viviamo ai nostri giorni.
In questo post mi voglio soffermare su un solo esempio: il bispensiero (o bipensiero, in inglese doublethink).

Copio qui le parole di Orwell per dire di che si tratta, che cos'è il doublethink
Mi piacerebbe che dopo averle lette ci ponessimo delle domande: quando ho sentito qualcuno parlare o ragionare in questo modo l'ultima volta? Nei media, nei social, in televisione? Noi lo facciamo mai? Riteniamo legittimo e, ancor più, desiderabile, che esista qualcuno o qualcosa che ragiona così, che ritorce la verità e le notizie in questo modo, prima che ci arrivino? Esiste un modo di pensare che ricalca questo del Socing orwelliano e che qualcuno malignamente adotta persino nelle relazioni personali e sociali?

Queste le parole di Orwell (sotto c'è la traduzione, niente paura):

“To know and not to know, to be conscious of complete truthfulness while telling carefully constructed lies, to hold simultaneously two opinions which cancelled out, knowing them to be contradictory and believing in both of them, to use logic against logic, to repudiate morality while laying claim to it, to believe that democracy was impossible and that the Party was the guardian of democracy, to forget whatever it was necessary to forget, then to draw it back into memory again at the moment when it was needed, and then promptly to forget it again: and above all, to apply the same process to the process itself -- that was the ultimate subtlety: consciously to induce unconsciousness, and then, once again, to become unconscious of the act of hypnosis you had just performed. Even to understand the word 'doublethink' involved the use of doublethink.” 
― George Orwell, 1984

Che tradotto suona più o meno: 
"Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe; fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale propria nell'atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l'unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all'occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Sopratutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso. Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell'indurre l'inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena posto in atto. Anche la sola comprensione della parola bipensiero ne implicava l'utilizzazione" 

Inquietante, non è vero?
A me sembra che la risposta a tutte le domande che ho scritto sopra sia purtroppo sempre affermativa. Ma voglio pormi ancora una domanda, più costruttiva questa volta.

La domanda è questa. 

Ma c'è un antidoto al doublethink?
Beh, per me sì, c'è. Ed è anche semplice da trovare, anche se difficile da attuare


George Orwell - immagine scaricata dal web


L'antidoto è vivere il presente, essere sempre attenti a ciò che accade. Non alimentare mai  pregiudizi - né dentro, né fuori di noi - e ascoltare le persone e le loro parole, senza mai aspettarsi nulla, e senza pretendere di conoscere già il finale di un discorso, sapendo già in anticipo se siamo d'accordo o no. È rinunciare persino, a volte, ad avere per forza un'opinione su tutto, come ad esempio su qualcosa che abbiamo letto sui social, ma che non conosciamo di persona e che magari non abbiamo gli strumenti per comprendere. 

Quindi, è anche sospendere il giudizio e, anche così, imparare a distinguere chi è sincero da chi non lo è. È ricordasi, soprattutto, di diffidare di chi parla parole vuote, già sentite e dette da altri, e vedere la differenza che c'è tra chi fa così (e perde la verità e se stesso) e chi invece prova a formare un proprio pensiero, a capirci qualcosa prendendosi tutti i rischi, anche quello di sbagliare.

Può sembrare difficile fare così, e forse lo è. Anzi, a pensarci fa addirittura un po' paura abbandonare ogni pregiudizio, farlo davvero. Perché così si perdono i punti di riferimento, le certezze acquisite e date per scontate (le più pericolose) e non si ha nulla con cui sostituirle. 
Ma rinunciare a tutto ciò che sappiamo già, liberarci dai pregiudizi, aprire la mente, è l'unico modo che possiamo immaginare per discernere l'informazione buona da quella che non lo è, levandoci le bende dagli occhi e dal cuore (sì, anche a costo di vedere una realtà che non ci piace. Ma se non la vediamo, come potremo mai cambiarla?)

Solo così potremo finalmente rispondere in modo adeguato alle novità, offrendo soluzioni nuove ed efficaci, stando al passo con i tempi e le trasformazioni dello Zeitgeist, invece di rincorrere miti appassiti come metafore morte e  ormai prive di significato
Allora sì che saremo consapevoli e potremo divertirci a  immaginare il futuro, a crearne i presupposti. Con concretezza ed entusiasmo.