Paul Klee, Walter Benjamin e l'angelo della storia

Paul Klee, Angelus Novus, 1920 (immagine scaricata dal web)



Il 18 dicembre di 138 anni fa, in Svizzera, nasceva uno degli artisti che forse, tra i classici, mi stanno più a cuore. Si tratta di Paul Klee e voglio ricordarlo in questo blog con una citazione di un grandissimo filosofo, Walter Benjamin.
I due, il filosofo e l'artista, oltre al fatto di  vedersi entrambi spesso e volentieri storpiati i nomi (...mai sentito parlare di Uolter Bengiamin e Pol Klì?😒) sono infatti accomunati da qualcosa di assai più profondo.
Credo che Benjamin, e Klee, abbiano ancora molto da insegnare anche a noi, oggi. Perciò ho pensato di scrivere questo post.

Nelle sue Tesi sulla Filosofia della Storia, Benjamin commenta un quadro di Klee, per la precisione L'Angelus Novus. Il quadro rappresenta la figura stilizzata di un angelo con le ali spiegate, che volge però il volto e lo sguardo indietro. 
Secondo Benjamin, questo è l'angelo della storia: con gli occhi rivolti alla memoria del passato e le ali aperte, come trascinate da un vento tempestoso e inarrestabile verso il futuro.

Ho sempre pensato che, a farci caso, gli occhi dell'angelo di Klee paiono oltrepassare la tela e sono puntati dritto dritto in faccia noi, di qua dal quadro. Ed eccoci trascinati dalla magia dell'opera nel gioco tra passato e futuro, fermi sospesi nel momento presente, che insieme ci sorregge e ci spinge oltre, verso il futuro.


Ma così scrive Benjamin:

"C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta."

(Walter Benjamin, Angelus Novus, tr. it. Einaudi 1961, p. 80)


Benjamin scrive nel 1940 e le rovine a cui si riferisce sono quelle dell'Europa devastata dal nazifascismo e dalla Guerra Mondiale. La sua intenzione è fornire un punto di vista alternativo alla visione propria di quelle ideologie, che facevano delle "magnifiche sorti e progressive" una specie di mito tanto sfolgorante e irresistibile, quanto inumano e distruttivo. 
Così, anziché inneggiare al progresso a tutti i costi, in parole povere vuoto e sordo,  Benjamin cerca e propone una dimensione altra, profonda e rivoluzionaria insieme, che valorizza il presente e la memoria e lascia spazio a una visione diversa e soprattutto libera.
I suoi testi sono molto suggestivi, di non facile interpretazione e lettura, proprio come sono affascinanti e difficili da tradurre in parole i dipinti di Klee. Ma entrambi, forse anche per questa loro resistenza ad una lettura sbrigativa e superficiale, contengono tesori incredibili per chi abbia voglia di soffermarsi a studiarli e comprenderli.