Installation view della mostra di Mapplethorpe - cortesy @ Galleria Franco Noero |
Nel trentesimo anniversario della sua morte, sono molte le mostre
in Italia dedicate all'opera di Mapplethorpe, prima fra tutte quella al M.A.D.R.E. di Napoli .
Robert Mapplethorpe morì di AIDS il 9 marzo 1989, in un ospedale
del New England. Ha lasciato un’ampia eredità di immagini dallo stile
inconfondibile. L’indagine sul corpo, meglio se glabro, la ricerca spasmodica di
armonia e bellezza attraverso la sua figura, il gusto di trasgredire e di eccedere,
senza però mai uscire dalla cornice di eleganza e di equilibrio di forme, volumi
e chiaroscuri: sono tutte cifre che rendono l’opera di Mapplethorpe unica e
facilmente riconoscibile.
A Torino, a celebrare il lavoro di Mapplethorpe, ci pensa la
Galleria Franco Noero, che nella sede di Via Mottalciata ha allestito una
mostra di sue fotografie realizzata in collaborazione con la Mapplethorpe Foundation.
Installation view della mostra di Mapplethorpe - courtesy @ Galleria Franco Noero |
Del lavoro di Mapplethorpe, del suo interesse e della sua
attualità, ho parlato altrove. Qui vorrei concentrarmi su un aspetto che
riguarda invece l’allestimento e la scelta espositiva da parte della galleria.
Come sappiamo, la Galleria Noero ha due spazi espositivi a
Torino: il primo è di grandi dimensioni, in Via Mottalciata, in una zona
periferica che (ahimè ormai da qualche anno) promette un futuro e fiorente sviluppo. Questo è uno spazio, come amiamo dire in Italia, stile newyorkese: cioè,
ex spazio industriale, di grandi dimensioni, spoglio, periferico, dove la luce
entra scandita dalle grate dei grandi finestroni tipici di questo tipo di
struttura architettonica. Uno spazio adatto, insomma, ad ospitare l’arte
contemporanea più energicamente ed estremamente concettuale. Installazioni di
grandi dimensioni, magari sperimentali o provocatoriamente minimal.
Il secondo spazio espositivo è invece in Piazza Carignano, proprio sopra il ristorante Del
Cambio e a fianco del maggiore, storico, teatro cittadino. Zona che più
borghese non c’è. Esempio di sobria e colta eleganza sabauda, lo spazio
espositivo si affaccia nobilmente sulla piazza e guarda il profilo ondeggiante
del palazzo del Guarini che fu sede del primo Parlamento italiano, memoria di una regale Torino Capitale d’Italia. Questo spazio si articola in più sale
dall'aspetto barocco, con luci di volta in volta ricercate, in armonia con la
cornice del palazzo.
Bene. La programmazione della galleria offre al momento due
mostre. La prima, nella sede di Piazza Carignano, è di Jac Leirner . Mostra concettuale, minimale, tanto bella e interessante quanto di difficile digestione per il pubblico meno
avvezzo ai modi dell’arte contemporanea.
La seconda, in Via Mottalciata, è invece una mostra
fotografica di Mapplethorpe. Artista estremo, sì, ma le cui immagini sono
decisamente più friendly anche per chi non mastica il linguaggio del
contemporaneo.
Installation view della mostra di Mapplethorpe - courtesy @ Galleria Franco Noero |
Qui, le foto appese alle pareti, riflettono la luce del giorno
che entra decisa dai finestroni. Là, le opere minimal abitano i pavimenti antichi e le sale barocche.
Il contrasto tra spazio e opera è palesemente voluto. Non ci saremmo aspettati il
contrario? Mapplethorpe, trasgressivo, ma comprensibile al pubblico, per di più
con una selezione di immagini nemmeno troppo estreme, ben si sarebbe trovato
tra le pareti barocche giusto a due passi dal teatro e dal caffè ben frequentato. L’opera di Jac
Leirner invece, con le sue misurazioni di spazio, i suoi oggetti trovati (che
però non c’entrano con i surrealisti) si sarebbe invece adattata comodamente, e
del tutto logicamente, allo spazio periferico e “newyorkese”.
Installation view della mostra di Mapplethorpe - courtesy @ Galleria Franco Noero |
La scelta è stata invece opposta. E questo è l’aspetto interessante, quasi geniale, di certo ingegnoso, che lega i due eventi espositivi.
Lo scambio di sede, l’adattamento a un diverso spazio, infatti, cambia tutto. Cambia la percezione, la fruizione delle opere. Ma cambia
soprattutto il senso delle due mostre, che, osando, accentuano l’aspetto di
spaesamento nello spettatore.
La doppia scelta espositiva stimola la
percezione, sottolineando la vivacità e l’attualità di tutte le opere. Ma, soprattutto, porta chi guarda a pensare, a sovvertire i cliché, o meglio, ad
abbandonarli, per lasciarsi guidare ad una visione sempre nuova e viva, mettendosi personalmente in gioco.
Tornando a Mapplethorpe, la mostra in via Mottalciata silenziosamente dichiara, infatti, fin dal principio del percorso espositivo la volontà di offrire una
lettura altra, nuova, a sua volta persino trasgressiva, del lavoro del
fotografo.
Iinstallation view della mostra di Mapplethorpe - courtesy @ Galleria Franco Noero |
La mostra s’inizia, infatti, con un lavoro del tutto fuori
dalle righe rispetto al Mapplethorpe a cui siamo solitamente abituati. Niente nudi,
corpi euritmici, bianco e nero che scolpisce muscoli e forme, ma un paesaggio a
colori degno di un antico dipinto classico, dove due uomini, un chierico e un
personaggio di cui non sappiamo l’identità, siedono in meditativa e placida conversazione.
Il chierico è l’Arcivescovo di Canterbury. Curioso: è la stessa carica
che ebbe, nella storia, il filosofo e teologo Sant'Anselmo d’Aosta, noto per la sua tesi sull'esistenza
di Dio.
Sant'Anselmo - quel folle visionario - pensava che bastasse un concetto per dire che Dio, il divino, ovvero l’Essere
di cui non si può pensare il maggiore, esiste nella realtà.
Anselmo diceva anche che il divino non si trova in un
tempo o in un luogo, ma che il tempo, e il luogo, si trovano nel divino.
Così, dal punto di vista di questi spazi espositivi, di questo modo di vedere e vivere l'arte, la città di Torino appare tesa tra i due spazi espositivi come tra due estremi.
Torino Est e Torino Centro non sono due luoghi presi a caso. Da un lato un mondo in crescita (speriamo), tra periferia e novità. Dall'altro,
il luogo di una storia consolidata e nobile, come la piazza Carignano. Le due
cose insieme, una correlata all'altra, in un unico abbraccio.
Similmente al ragionamento di Anselmo, non lo spazio espositivo nella città, ma la città nello
spazio espositivo, nelle opere che vi sono esposte al pubblico e con le quali
il pubblico interagisce. In modo nuovo, come non ti aspetti.
Per info sulla mostra: www.franconoero.com