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Robert Mapplethorpe, Phillip Prioleau, 1982. © Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission |
Tra le cose belle da fare e da mettere in programma per il
nuovo anno, consiglio a tutti (e mi riprometto assolutamente!) di organizzare
un viaggetto a Napoli. Non solo per gustare le bellezze della città partenopea,
ma soprattutto per fare un salto al MADRE e visitare la mostra dedicata a Robert
Mapplethorpe.
La mostra, realizzata in collaborazione con la Robert
Mapplethorpe Foundation, e affidata alla curatela di Laura Valente e Andrea
Viliani, mette in dialogo l’opera fotografica di Mapplethorpe con opere d’arte
antica o moderna, addirittura archeologiche.
Le ben centosessanta opere di diverse epoche storiche,con cui
le immagini create da Mapplethorpe sono messe a confronto, provengono dal Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, dal Museo e Real Bosco di Capodimonte e dalla
Reggia di Caserta (Collezione Terrae Motus).
Per completare il progetto espositivo, è poi previsto un
programma di danze e coreografie create ad hoc. A dare il via – è il caso di
dirlo – alle danze, lo scorso 14 dicembre, è stato Olivier Dubois, con la
coreografia Dialogue with Bob.
Inutile dire quanto succulento possa apparire per chi ama e
studia la filosofia questo dialogo artistico attraverso i secoli, soprattutto per
chi, come me, si appassiona ai testi di Didi-Huberman e alle sue riflessioni sulle
anacronie.
Ma, come chiunque conosca il lavoro di Mapplethorpe ben sa, l’idea
di confrontare le sue immagini con l’arte antica è tutt’altro che peregrina. Il
costante confronto, anzi, contrappunto, con la bellezza e l’armonia formale dell’arte
classica è, infatti, uno degli elementi più presenti e caratterizzanti del
lavoro di Mapplethorpe. Qui non solo il nudo, ma persino le pose ai limiti del
pornografico (più o meno LGTB che sia) è innalzato al livello di una bellezza perfetta,
dalle forme purissime, piene e luminose, sempre eleganti e mai volgari.
I fiori allusivi, le pose estreme, diventano, così, mezzi
per esprimere una profonda libertà espressiva e una coraggiosa, indomita ricerca
di verità e bellezza nel corpo e nell’animo dei soggetti.
Libertà, bellezza e verità sono però così tanto desiderate e
cercate, in queste immagini, da far sì che resti, in chi guarda, quasi un
retrogusto malinconico. Qualcosa di prezioso e delicatissimo, come il sapore
aspro di un amaro. Quasi che la bellezza, che nella vita spesso si nega e si
nasconde, si facesse pregare per, infine, apparire e lasciarsi guardare nei
corpi e nei loro movimenti.
Il nudo semplicemente esposto disegna così uno spazio
attorno a sé, che non è solo spazio fisico, ma anche e soprattutto spazio
mentale.
Fantasia, sensualità, eleganza, si incontrano dietro l’obiettivo
del fotografo e dentro l’immagine. Immagine che appare pulitissima, ma mai
patinata. Estrema, ma mai eccessiva in senso deteriore. Di una classicità
morbida, ma mai compiacente.
La bellezza, sembra dirci Mapplethorpe, quella vera, greca,
dunque, esiste. Vuole esistere, anzi. Con tutte le sue forze. E in questo streben, come direbbero i filosofi
tedeschi per dire un tendere sofferto e appassionato, si rivela in tutta la sua
pienezza, insieme tragica e perfetta.
Info mostra:
Robert Mapplethorpe.
Coreografia per una mostra
Dal 15.12.2018 al
08.04.2019
Madre · museo d’arte
contemporanea Donnaregina
Via Settembrini 79,
Napoli