Tra Casorati e Baudelaire. Hilario Isola a Pavarolo



opera di Hilario Isola , courtesy @l'artista


Da sabato prossimo fino al 30 novembre, presso quello che fu lo studio di Felice Casorati a Pavarolo, sarà possibile visitare una mostra di Hilario Isola, artista il cui lavoro seguo volentieri (su questo blog ne ho parlato qui e anche qui).

Il titolo della mostra, curata da Francesco Poli, è Studio per Natura Morente e si presenta come una rilettura in chiave scultura/installazione, di alcuni soggetti particolarmente cari a Felice Casorati. La natura morta, la frutta, qui però è osservata nel suo decomporsi e nel conseguente processo biologico che la rende luogo di fermentazione, muffa, generazione di piccoli insetti e altre minuscole forme di vita.
In mostra sarà esposta anche l’opera Auspicio, realizzata con la collaborazione di Enrico Ascoli, sound artist che ha già lavorato con Isola in passato. Qui, laria creata dalla fermentazione del mosto, incanalata in appositi tubi di vetro, creerà un suono, vera e propria musica, da cui sarà prodotto, a breve, un vinile d’artista.

Se è vero, come diceva Aristotele, che in natura nulla si crea né si distrugge, ma tutto si trasforma, la natura morente di Isola può essere letta come una storta di inno alla vita che, imperterrita e resiliente, continua a prodursi, insistendo a trasformando anche la materia più antica e apparentemente perduta. Più ancora delle mele di Casorati, dalle forme così pulite di ombra e luce, vengono allora in mente le nature morte decadenti, in cui si indovinava un elemento dissonante, qualcosa che alludeva alla decomposizione in atto di un qualche dettaglio soggetto ritratto. L’elemento dissonante funzionava allora come una sorta di propellente, uno stimolo a non fermarsi all’apparenza della perfezione formale, a spingersi oltre la superficie, addentrandosi nelle pieghe multidimensionali, come avrebbe detto Deleuze (penso al saggio su Leibniz e il barocco), della materia e dello spirito.

Ma, soprattutto nel lavoro di Isola con Ascoli, è impossibile non pensare a La Charogne di Charles Baudelaire.

Per chi non si ricordasse, in quella poesia, raccolta nei Fleurs du Mal (1857), Baudelaire racconta di due amanti che, passeggiando, incontrano sul loro cammino il corpo di un animale morto e in avanzata decomposizione. Baudelaire si sofferma a raccontare i dettagli di quell’incontro con una tale proprietà e musicalità del linguaggio, da farci apparire bella, ancorché macabra, quella visione. Eros e Thanatos si incontrano. Il principio di piacere e quello di morte si danno la mano.
Ma, ciò che qui in particolare ci interessa, i versi di Baudelaire dicono come, nel processo di decomposizione dell’elemento naturale:

Tutto discendeva e risaliva come un’onda, o si
slanciava brulicando: si sarebbe detto che il corpo
gonfio d’un vuoto soffio, vivesse moltiplicandosi.

E poi, soprattutto:

E tutto esalava una strana musica, simile all’acqua
corrente o al vento, o al grano che il vagliatore con
ritmico movimento agita e volge nel vaglio.
Le forme si cancellavano riducendosi a puro sogno.

(corsivo mio)

Hilario Isola con Enrico Ascoli, Auspicio - courtesy @gli artisti


Mi chiedo se la musica che esalerà dal mosto che fermenta sarà simile a quella cantata da Baudelaire. Con una differenza, fondamentale.
A fermentare, creando musica, qui sarà il mosto, che prepara, dalla morte del frutto, il vino nuovo. E il vino è ben altro simbolo rispetto alla morte, è simbolo sacro, antico, caro al contempo a Cristo e a Dioniso. E dove Dioniso canta, la vita entra, potente, e trascina tutto con sé, in un vortice di ossessione, e di estasi.  


Per informazioni e prenotazioni: turismo@comune.pavarolo.to.it.
www.pavarolo.casorati.net
www.comune.pavarolo.to.it.