OGR - Cuore di Tenebra - installation view - ph. credits A. Rossetti |
«L'orrore» dice Kurtz alla fine di Cuore di tenebra,
«l'orrore». E beato lui non distribuivano il Times nella
giungla. Eh, se no l'avrebbe visto l'orrore. Ma che si può fare? Leggete di
qualche massacro nel Darfur o di uno scuolabus fatto esplodere e attaccate
"oh, mio Dio l'orrore!" e poi girate pagina e finite le vostre uova
di gallina ruspante, perché tanto che si può fare?
Così dice Boris Yellnikov, alter ego di Woody Allen nel riuscitissimo Whatever works (Basta che funzioni) del 2009.
Il film è comico, ma come al solito nel caso di Allen,
pungente. La citazione di Conrad è da Cuore di Tenebra (1899), romanzo in cui
l’autore indaga gli aspetti bui dell’animo umano, nonché libro da cui prende il titolo la mostra che ha da poco inaugurato alle OGR di Torino, per la curatela di Marcella Beccaria.
La mostra è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli e ospita una quantità di artisti internazionali di livello assoluto: Allora & Calzadilla (di cui, tra l'altro ho già parlato qui), Maria Thereza Alves, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Bracha L. Ettinger, Massimo Grimaldi, Mona Hatoum, Goshka Macuga, Teresa Margolles, Pedro Neves Marques e Wael Shawky
La mostra è realizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli e ospita una quantità di artisti internazionali di livello assoluto: Allora & Calzadilla (di cui, tra l'altro ho già parlato qui), Maria Thereza Alves, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Bracha L. Ettinger, Massimo Grimaldi, Mona Hatoum, Goshka Macuga, Teresa Margolles, Pedro Neves Marques e Wael Shawky
Il tema indagato nella mostra è
appunto quello stesso di Conrad: l’orrore, il buio, la parte oscura della vita e dell'umanità. Il tutto visto attraverso gli occhi di
artisti diversi, in situazioni storiche e sociali tra loro anche molto lontane.
Il tema della mostra è impegnativo: riguarda, appunto, le
mille declinazioni del male nella nostra società contemporanea. L’orrore qui, è chiaro, non va inteso non come horror, bensì come aspetto decadente e drammatico del milieu storico e sociale cui, di volta in volta, gli artisti fanno riferimento.
La mostra è notevole. Con certi nomi, e in una location tanto suggestiva e adatta alle installazioni di grandi dimensioni come le OGR, come potrebbe non esserlo?
Il tappeto rosso di Mona Hatoum, che invece di fili di lana è fatto di fili elettrici che sarebbero fatali per chi li calpestasse, è emozionante. Ho amato la performance pianistica di Allora & Calzadilla, sviluppata a partire dall’Inno alla Gioia di Beethoven, che viene però suonato con un pianoforte bucato al centro, ad evocare le occasioni non sempre felici in cui fu eseguito ufficialmente. Il piano è utilizzato per il verso opposto a quello normale, da un esperto performer, con l'effetto di generare tonalità a tratti distorte.
C'è poi il video sulle crociate recitato da marionette surreali e impressionanti, di Wael Shawky. E la celeberrima fotografia di Maurizio Cattelan, posta all’ingresso del percorso espositivo, quella con il gallerista appiccicato al muro con lo scotch.
Il tappeto rosso di Mona Hatoum, che invece di fili di lana è fatto di fili elettrici che sarebbero fatali per chi li calpestasse, è emozionante. Ho amato la performance pianistica di Allora & Calzadilla, sviluppata a partire dall’Inno alla Gioia di Beethoven, che viene però suonato con un pianoforte bucato al centro, ad evocare le occasioni non sempre felici in cui fu eseguito ufficialmente. Il piano è utilizzato per il verso opposto a quello normale, da un esperto performer, con l'effetto di generare tonalità a tratti distorte.
C'è poi il video sulle crociate recitato da marionette surreali e impressionanti, di Wael Shawky. E la celeberrima fotografia di Maurizio Cattelan, posta all’ingresso del percorso espositivo, quella con il gallerista appiccicato al muro con lo scotch.
La mostra è di altissimo livello, di forte impatto visivo ed
emozionale. L’allestimento perfetto, in una location, come ho già detto, fantastica.
OGR - Cuore di Tenebra - installation view - ph. credits A. Rossetti |
L'unica remora è proprio sul tema, e soprattutto sul tono in cui viene sviluppato, a volte forse davvero troppo pesantemente cupo e privo di qualsivoglia progettualità, anche solo eventuale. Eppure, persino la più tragica visione distopica del futuro non può essere così totalmente impermeabile al più piccolo spiraglio finanche di mera speranza.
L'insieme manca di visionarietà, di fantasia, di voglia di immaginare il futuro traendosi fuori dal male, e oltrepassandolo.Te ne accorgi piano piano, poco alla volta, mentre procedi nel percorso espositivo.
L'arte denuncia, spesso, e questo è buono e giusto. Ma non è dovere dell'artista (e del curatore!) riuscire a indicare per lo meno una strada percorribile, una via, un qualche modo non dico ottimistico, ma almeno disperatamente (e poeticamente) malinconico, per uscirne?
L'insieme manca di visionarietà, di fantasia, di voglia di immaginare il futuro traendosi fuori dal male, e oltrepassandolo.Te ne accorgi piano piano, poco alla volta, mentre procedi nel percorso espositivo.
L'arte denuncia, spesso, e questo è buono e giusto. Ma non è dovere dell'artista (e del curatore!) riuscire a indicare per lo meno una strada percorribile, una via, un qualche modo non dico ottimistico, ma almeno disperatamente (e poeticamente) malinconico, per uscirne?
Non bisogna cadere per forza in baggianate come il pensiero positivo o simili, per carità... però nemmeno nel suo opposto.
Certo, ahimè, concordo che l'orrore esiste e che è ben difficile trovare una risposta degna al male nel mondo. Ma quindi, che si fa? Soccombiamo e tanti saluti?
È vero, il sottotitolo della mostra suona: "Può l'arte prevenire gli errori?" e sembra incoraggiante... eppure, guardando la mostra, ripeto bellissima, la sensazione è che la risposta alla domanda posta nel titolo non sia positiva, oppure che, parafrasando Bob Dylan, una risposta non ci sia... E quindi?
Beh, è chiaro che nemmeno io ho una risposta. Ma condivido il punto di vista del vecchio Boris Yellnikov - sì ancora lui, il protagonista del film di Woody Allen di cui dicevamo al principio...
È vero, il sottotitolo della mostra suona: "Può l'arte prevenire gli errori?" e sembra incoraggiante... eppure, guardando la mostra, ripeto bellissima, la sensazione è che la risposta alla domanda posta nel titolo non sia positiva, oppure che, parafrasando Bob Dylan, una risposta non ci sia... E quindi?
Beh, è chiaro che nemmeno io ho una risposta. Ma condivido il punto di vista del vecchio Boris Yellnikov - sì ancora lui, il protagonista del film di Woody Allen di cui dicevamo al principio...
«Ecco perché non lo dirò mai abbastanza...qualunque amore riusciate a dare e ad avere...qualunque felicità riusciate a rubacchiare o a procurare; qualunque temporanea elargizione di grazia......Basta che funzioni...!»
Che poi l'arte non è proprio questo? Una temporanea elargizione di grazia, che però è in grado di cambiare anche solo un piccolo pezzettino delle nostre vite? Ma solo un piccolo pezzettino? E va beh, è già qualcosa!
Porta sud del Battistero di Firenze - 21 Speranza - Andrea Pisano - 1329-1336 Immagine scaricata dal web |
Erns Bloch amava particolarmente una rappresentazione della speranza. Si tratta di un bassorilievo di Andrea Pisano. La speranza è raffigurata seduta, che guarda in alto e tende le braccia a prendere il suo tesoro. Non ci arriva, è solo tesa verso di essa. Eppure ha le ali, dice Bloch. Potrebbe spiccare il volo in ogni momento. Perché non lo fa?
La bellezza! La bellezza! (Non solo l'orrore)