Lala Meredith-Vula, Haystacks 2018 @Alberto Peola Ph Beppe Giardino - courtesy @l'artista |
L’artista, seguita dalla galleria da diversi anni, propone una sequenza di immagini fotografiche tratte dalla serie Haystack.
Si tratta di una ricerca iniziata nel 1989 e ancora in corso, dove protagonista è ancora una volta il territorio dei Balcani (come la precedente mostra da Peola di cui ho parlato qui, ma è un puro caso!). La serie è già stata presentata, nel corso degli anni, in altre occasioni tra cui dOCUMENTA14.
Lala Meredith-Vula, Haystacks 2018 @Alberto Peola Ph Beppe Giardino - courtesy @l'artista |
Lala Meredith-Vula, Haystacks 2018 @Alberto Peola Ph Beppe Giardino - courtesy @l'artista |
Si tratta di un soggetto tipico della zona della ex
Jugoslavia dove l’artista trascorse la sua infanzia. Alcune di queste immagini,
scattate in periodi diversi, anche a distanza di anni, ritraggono luoghi
devastati dalle guerre balcaniche. Le strutture di paglia e fieno restano lì,
come monumenti, testimonianza di una vita rurale, di esistenze che appartengono
al passato, cui si sovrappone la vita presente e la persistenza delle
tradizioni contadine.
Il bianco e nero della fotografia, con le sue infinite
sfumature e gradazioni di tonalità e di colore, rende le forme plastiche, al
modo di antichi panneggi barocchi.
Ricordano, in qualche modo, gli stracci fotografati da Steve
McQueen per le strade di Parigi alla fine degli anni Novanta (e le riflessioni su questo di Didi-Huberman). Soggetti/oggetti
qualunque che, per il mezzo della fotografia, appaiono come sculture, come totem.
Oggetti semplici che nascondono tra le loro pieghe, negli anfratti del loro
gioco di pieni e vuoti, un segreto, come un qualche significato apotropaico
difficile da rendere in parole.
Lala Meredith-Vula, Haystacks 2018 @Alberto Peola Ph Beppe Giardino - courtesy @l'artista |
A guardarle con attenzione, le strutture di paglia, come scrive
la curatrice Monica Szevczyk nel testo introduttivo della mostra, paiono quasi
prendere vita, come fossero creature fantastiche, abitanti di antiche favole
che narrano di una vita lontana, che appartiene al passato, e insieme di una
tradizione che sopravvive nonostante tutto, presente e viva.
La ripetitività dei soggetti pare rimarcare una persistenza,
una costanza, che trascende ogni stravolgimento storico.
La guerra, il dolore, sembra essere passato sopra queste
tracce di cultura, come sopra le vite umane che vi abitano intorno, senza
intaccarne le tradizioni più profonde. L’eredità di un rapporto con la terra - e la cultura - trascende così la dimensione politica e s’inscrive in un diverso rapporto con la
storia, più ampio e insieme più difficile a cogliersi in superficie, certo impossibile a distruggersi, ma in grado di tramandare un messaggio
di pace eterno e universale.