Oggi è un giorno di maggio. È primavera piena, ormai, ma da qualche giorno piove e anche oggi il cielo è indeciso. A volte appare nuvoloso, a volte un po’ di sole si fa spazio tra le nuvole. Torino mi appare immersa in una luce particolare, che filtra dalle nuvole e sembra espandersi attraverso di loro. Ma Torino è una città piena di misteri, che sotto il suo elegante understatement, nasconde un’anima dalle molte sfaccettature, misteri, leggende che non ti aspetti. E così anche quella luce, che si fa eterea e diffusa, acquista un sapore tutto particolare, rende l’atmosfera quasi incorporea, addirittura spirituale.
Lo studio di Ernesto Morales si trova nel quartiere Aurora
di Torino. Un quartiere popolare e anche un po’ critico, ma oggi in fase decisa
di rinascita e riqualificazione, infatti siamo vicini all’Università e a una
zona di localini molto frequentati dall’ora dell’aperitivo in poi. Lo studio si
trova nell’ex palestra di quella che una volta fu una scuola tenuta dalle
suore. Oggi di quel passato è rimasto solo l’asilo, laico, ma c’è ancora un bel
cortiletto in parte abitato da bambini che giocano. Ernesto mi accoglie proprio
nel piccolo e grazioso cortile, dove mi ha permesso di parcheggiare la
macchina, e si ferma con me mentre mi accendo una sigaretta.
Conosco Ernesto ormai da molti anni ma è la prima volta che riusciamo
a organizzare un vera e propria (o un vero e proprio?) studio visit, tanto che
mi sono persa almeno alcune delle sedi precedenti del suo studio. In una sede
in particolare, che si trovava in pieno centro, organizzava anche delle mostre
con opere sue e di amici, soprattutto a inizio novembre, in occasione di
Artissima.
Ernesto oggi è un uomo sulla cinquantina, molto alto, con i
capelli abbastanza lunghi che gli incorniciano il viso allungato. È di origine
uruguayana e, anche se vive a Torino ormai da tempo non ha perso l’inflessione sudamericana
della voce. I modi sono gentili e accoglienti. Lo distingue una certa eleganza.
Ha alle spalle una carriera interessante, che lo ha portato ad esporre in tutto
il mondo. L’ultima mostra importante è al Museo Rothko in Lettonia, dove ha
esposto le sue opere vicino a quelle di uno dei grandi artisti che da sempre lo
ispirano. Questa è una sua caratteristica, ancora più importante soprattutto
per un pittore: è un uomo di cultura, che conosce bene la storia dell’arte e la
storia della pittura. Ma frequenta anche intensamente libri di filosofia e di
spiritualità zen.
Per entrare nello studio devo scendere alcuni scalini,
passando sotto una sorta di piccolo traliccio con una pianta rampicante. All’interno
c’è una prima sala con le opere esposte, con un’illuminazione molto curata. In
un angolo c’è anche un bel salottino, dove Ernesto ospita gli amici, anche per talk e incontri aperti a un piccolo pubblico di
persone interessate. Mi colpiscono i molti libri, di cui alcuni in vista su un
tavolo allungato che suddivide in qualche modo lo spazio. Ci sono anche dei
tarocchi e altri oggetti, alcuni con una componente magica ed evocativa molto
forte. Ma non c’è nulla di oscuro in questo spazio, anzi, è la luce a dominare,
in tutti i sensi. L’idea è piuttosto quella della profondità, di un mistero
luminoso che si manifesta in modo elegante e discreto, ma in tutta la sua
presenza. Naturalmente sto parlando soprattutto delle opere.
Ma nello spazio c’è anche un tavolino con qualcosa da bere e
probabilmente più dentro c’è anche una cucina, che non vedo, perché Ernesto,
dopo aver parlato un po’, mi offre un buon caffè che beviamo insieme seduti nel
salottino, mentre continuiamo la conversazione.
Come è giusto, le protagoniste sono le sue opere. Quelle esposte qui sono di tutte le dimensioni, ma prevalentemente abbastanza grandi. La dimensione dei lavori è importante per il suo modo di dipingere. Proprio perché conosce bene la storia della pittura, la sua ricerca nasce dal voler dire qualcosa di nuovo, di porsi in dialogo con la storia in modo insieme consapevole e originale. È da lì, mi dice, che nasce tutta la sua ricerca.
Sono colpita soprattutto dalle opere recenti, di cui Ernesto
mi illustra le tecniche e la ricerca in modo molto appassionato. Questi lavori
nascono da un profondo studio sulla luce, che li rende quasi simili, per il
modo in cui vengono percepiti, che muta al mutare della posizione
dell’osservatore, ad antiche sculture. È sbagliato definirle monocrome, al
contrario nascono da migliaia di pennellate sovrapposte, tutte diverse e con
una componente materica, eppure leggere, fino a creare un effetto di sfumatura
diffusa, l’idea di un cielo nebbioso e luminoso insieme. Come quando una nebbia
sottile filtra i raggi del sole, e a volte inaspettatamente quasi li amplifica,
perché li espande e rifrange.
I suoi lavori sono densi di aspetti filosofici e di ricerca
sulla meditazione, persino sull’alchimia. Ho infatti notato la presenza di
molti libri di Carl Gustav Jung, soprattutto una copia del Libro Rosso nella splendida
edizione con i disegni. Questo mi colpisce perché Jung è una lettura che
frequento da sempre, e in questo periodo in modo particolarmente intenso. Ma
non c’è solo Jung. Ci sono libri su e di Tapies, Byung Chul-han, testi sulla
meditazione zen e molto altro.
Su una parete ci sono le opere di qualche tempo fa: una
serie sulle nuvole, che di recente ha in parte ripreso come tema (proprio per
l’elemento della rifrazione di luce e colore); ci sono le supernovae e le
immagini dei cieli lontani, immersi nello spazio, opere realizzate collaborando
con la NASA. Poi ci sono gli alberi, i boschi, e gli spazi popolati da case
immerse nella nebbia e in spazi infiniti.
Nella sala più interna Ernesto lavora ai suoi quadri. Qui
può giocare con la luce, artificiale, provando la sua pittura con densità
diverse di illuminazione, via via sempre meno intense, fino a un quasi buio che
gli permette di esaltare le varie intensità di rifrazione del colore. I colori sono
particolarissimi, estremamente studiati e ricercati.
Questo studio visit per molti versi è una vera scoperta. Il
lavoro di Ernesto, così esteticamente rilevante prende una profondità
concettuale amplissima, che io intuivo, lo ammetto, solo in parte, e che merita
di essere messa in evidenza.
Ernesto è una persona amichevole, aperto e, dote abbastanza
rara in un artista, non egocentrico. In questo senso è un po’ come le sue
opere: hanno un’apparenza che conquista perché sembra facile da avvicinare, ma
in realtà c’è una profondità concettuale e di ricerca assolutamente non banale.
Un lavoro denso, che riflette e si anima sotto gli occhi, a patto di prestare
alle opere l’attenzione che meritano. Si crea uno spazio meditativo, intenso.
Lo scrittore Stefano Massini una volta ha detto che raccontare significa non
dire tutto. I quadri di Ernesto sono così: raccontano tacendo, creano uno
spazio prezioso per il silenzio. È qualcosa che profuma di meditazione, che
invita a una fruizione lenta e non sbrigativa, che invita ad andare in
profondità.
Un po’ come il cielo di questo giorno nuvoloso di maggio. Là,
dietro le nuvole, si nasconde e insieme si affaccia la primavera, presente e
viva come non mai.
Bio
Ernesto Morales nasce nel 1974 a Montevideo, in Uruguay, e
inizia il suo percorso artistico a Buenos Aires dove ha vissuto fino al 2006,
per poi trasferirsi in Europa. Dopo un primo periodo a Parigi, stabilisce il
suo studio in Italia, inizialmente a Roma e dal 2011 a Torino.
La sua ricerca artistica lo ha condotto negli ultimi venti
anni a realizzare mostre in musei e gallerie internazionali tra Europa, America
e Sud-Est asiatico. Tra il 2009 e il 2025 ha rappresentato istituzionalmente
Italia, Argentina e Uruguay con una serie di importanti esposizioni personali.
Nel 2019 è stata inaugurata la sua retrospettiva “Mindscapes” a New York
presso il Consolato Generale della Repubblica Argentina. Nel 2023 ha realizzato
la mostra “Come fosse luce” in dialogo con l’opera di Lucio Fontana presso
la Fondazione La Crescentina in Italia. Nel 2025, dopo la sua mostra “The
beginning and the light” presso il Rothko Museum in Lettonia, realizza nel
Duomo di Prato l’esposizione “Tra le ombre dorate del silenzio”, in dialogo con
le opere di artisti rinascimentali come Sandro Botticelli e Filippo Lippi.
ph. credits @Ernesto Morales