Sound and vision. Sinfonia di Alessandro Sciaraffa @ Gam Torino

 



Don’t you wonder sometimes about sound and vision? Così recitava una canzone capolavoro di David Bowie del 1976-77, dal titolo eloquente: Sound and vision, suono e visione. 

Curiosamente, il 1976 è anche l’anno di nascita di Alessandro Sciaraffa, il cui lavoro è da sempre, più che una risposta alla domanda sui rapporti tra suono e visione, un continuo porre quella stessa domanda, ogni volta in modo più profondo e urgente.Tanto che entrambi, suono e visione, giungono a superare i propri limiti e si fanno corpo.


La riflessione sugli effetti molteplici del colore e delle sue sinestesie è, in realtà, materia vibrante della storia dell’arte di sempre. La ricerca scientifica su questi temi appassionava già, in altra epoca storica e secondo un’altra estetica, per esempio puntinisti e espressionisti: ma i riferimenti potrebbero essere infiniti. Tra gli altri, la riflessione sul colore e le sue vibrazioni anima il lavoro di Pellizza da Volpedo, autore a cui Sciaraffa afferma di dovere tanta della sua passione artistica.


Sinfonia è un lavoro a cui l’artista ha dedicato anni di studio, supportato dal lavoro della curatrice Sara D’Alessandro Monozzo e dalla Gam di Torino. L’impegno profuso nel lavoro gli è meritatamente valso la vittoria del bando Italian council (IX edizione 2020) promosso dal Ministero dei Beni Culturali, con conseguente serie di esposizioni internazionali, di cui la prima sarà in primavera in Kazakhstan.


Ma, soprattutto, Sinfonia è un lavoro (bellissimo) sul suono, il colore e l’aurora boreale. 


Al centro dell’opera - sorpresa! - non è l’udito o la vista, ma il tatto. Noi tocchiamo l’opera, nella sua componente materiale, così come, di rimando, l’opera tocca noi, con colori e suoni e vibrazioni. Entriamo, fisicamente nel lavoro: interagiamo e ci relazioniamo con esso, in prima persona.

Varchiamo, così, la soglia di uno spazio che è prima di tutto mentale, ma anche molto fisico: un luogo tutto si fa gioco di energia, presenza, dialogo con l’ambiente. Il suono e il colore sono generati da una sorta di totem simile a un gong, il cui effetto evoca insieme le meditazioni zen, un rito sciamanico e, appunto, l’aurora boreale. Ma il coinvolgimento del pubblico è tutt’altro che astratto e meramente intellettuale, anzi.


L’opera non parla alla pancia, però, attenzione, ma alla percezione; perciò è intelligente. Ci fa sentire esseri percipienti e naturalmente in relazione, ma anche capaci di relazione; con la natura, l’ambiente e ancor più con l’umanità che siamo e che ci circonda: con tutte le energie, buone e cattive, che tutto questo genera e comporta.


In quest’epoca di pandemia, dopo tanto tempo passato a parlarsi gli uni gli altri per mezzo di schermi non sempre funzionanti, da cui uscivano voci a volte rotte da imperfette connessioni, come si è detto l’opera mette al centro il tatto. Perché? Forse (anche) perché vuole risvegliare qualcosa in noi, qualcosa che profondamente ci riguarda e di cui spesso, travolti dalla ridondante routine quotidiana, ci dimentichiamo. 




La mostra è visitabile alla Gam di Torino fino al prossimo 9 gennaio. 

Per info: www.gamtorino.it