Arte e improvvisazione. Un saggio filosofico

 










Estetica dell’improvvisazione, Alessandro Bertinetto, ed. Il Mulino, Bologna 2021


Che cos’è? È una profonda e articolata riflessione sul tema dell’improvvisazione, che naturalmente non va intesa nel senso del dilettantismo, ma come qualcosa di molto più significativo. 

La domanda è (più o meno, detto con parole semplici ...) questa: e se l’esperienza che abbiamo dell'arte, di tutta l’arte, somigliasse a una jam session? Se l'esperienza estetica, ma anche il fare dell'artista, fosse tutto un proporre e improvvisare, così come si improvvisa nella vita la risposta a una domanda a bruciapelo? Un po' come quando, conversando con qualcuno, cerchiamo di capirci a vicenda e poi rilanciamo… Insomma, una jam session, sì. Ma una jam session, attenzione, in cui a suonare non sono solo gli artisti, ma anche i fruitori, il pubblico, ognuno nel suo ruolo. Ma ancora… e se poi non solo l’arte e l’esperienza estetica avessero questi contorni, simili a quelli di una jam session, ma tutta la vita, la comunità, la politica, il nostro stesso essere? Potremmo vivere così, improvvisando, rispondendo via via al momento, nella contingenza, progettando e creando insieme, ogni volta, tutte, ma proprio tutte le nostre esperienze (estetiche, ma chissà, magari non solo)? Lo facciamo già, senza accorgercene? 

Occhio, ri-attenzione. Bisogna porre dei distinguo. 

Improvvisare, qui, non è da intendersi nel senso di un vivere lì per lì, senza visione del futuro, né progetti, né speranze. Al contrario, quello che anima questo pensiero si direbbe una tensione utopica, alla fine molto poetica oltre che filosofica, che però rifiuta di conformarsi a un modello già pronto, che configuri in anticipo “come le cose devono andare”. L’arte, dal punto di vista di Bertinetto, è bensì tesa verso l’utopico (o meglio l’eu-topico, tesa cioè verso un luogo felice, più che verso un luogo che non è da nessuna parte) proprio perché immagina l'arte e l'esperienza che ne abbiamo come capace di costruire il futuro via via, articolando creativamente il presente, ponendosi in dialogo con esso in modo libero e sempre aperto a cogliere stimoli, possibilità, indizi di un futuro felice e condivisibile. 

L’arte, allora, è espressione di una condizione umana certo fragile e contingente, ma soprattutto libera. E il bello è che questo suo porsi in dialogo, questo creare improvvisando, non avviene nonostante la fragilità e precarietà, ma proprio in virtù di queste.

L’arte si pone, allora, come un blochiano non-ancora del consenso: è l’attesa di un accordo e insieme la sua condizione di possibilità. È bellezza libera: dove libertà è condizione di bellezza, ma anche viceversa. 

Insomma la prospettiva è ricca e affascinante.


Perchè mi è piaciuto? Questo relazionarsi con il contingente in modo sempre dialettico e costantemente pronto ad aprirsi e prospettive nuove, appunto inattese, coglie nel segno dell’esperienza estetica (se non vogliamo dire autentica, almeno soddisfacente).

È stimolante l'idea di una grammatica della contingenza che si viene a delineare, la dialettica tra improvvisazione e regola, libertà e norma, nel nome di un fare artistico che si fa costantemente dialogo, o meglio ancora, forse, conversazione.

Il punto chiave è serbato l’ultimo capitolo (ma arrivateci passo passo, non saltate tutto per arrivare alla fine, sennò non si capisce nulla), dove si cita Ernst Bloch parlando dell’esperienza estetica come esercizio di libertà e della nozione di con-senso, nella prospettiva del non-ancora (detto semplice: qualcosa che ancora non c’è, ma anche un po' c’è in quanto è da venire), una prospettiva nella quale possiamo già muoverci. Magari improvvisando. Does it make sense?


Perché è da leggere? Perché è serio e scientifico, ma anche fresco e attuale. Soprattutto le ultime pagine sono vibranti e appassionate. Il tema dell’esplorazione creativa nella vivacità dell’ improvvisazione, intesa come una sorta di avventura teorica ed esistenziale, è affascinante e offre spunti di riflessione che promettono di andare ben oltre il contesto meramente artistico o estetologico. Non sempre ne siamo consapevoli, ma sono cose di cui abbiamo un disperato bisogno, socialmente ed esistenzialmente. 


Obiezioni: Dice di essere un libro di estetica, ma l’autore pare poi avere in mente the bigger picture. Fa bene, ma perché non dichiararlo apertamente? 

Mi ha stupito poi di quanto poco il testo fosse… improvvisato. In molti punti, anzi, l'autore ostenta un ordine studiato del discorso, annunciando ciò che scriverà dopo ecc. Sarà pure un mettere le mani davanti accademico… ma non è curioso? O forse, se improvvisasse, sarebbe arte e non più filosofia? Uhm…

Un’altra obiezione riguarda poi il rimando alle arti visive, che per lo meno in molti degli esempi proposti, mi sembrano incarnare un ideale molto diverso da quello del libro, essendo strutturalmente spesso studiatissime, abbastanza rigide e ben poco dialogiche… altro che improvvisazione. Esistono esempi migliori? Sì, ma ci devo pensare.


Chi è l’autore? Alessandro Bertinetto è professore di estetica e filosofia della musica all’Università di Torino e ha scritto un sacco di cose interessanti.