Vivere o filosofare? Schopenhauer come analista




Il libro di Yalom, foto mia



Vivere o filosofare? La filosofia serve a vivere meglio? Oppure vita e filosofia sono antitetiche l'una all'altra?

La cura Schopenhauer è un libro intelligente e divertente che, con una prosa scorrevole, cattura piacevolmente il lettore. Un romanzo che fa pensare, letteralmente.

L’autore, Irvin Yalom, analista e scrittore americano, ci prende per mano e ci accompagna in una vicenda che presto scopriamo essere anche una profonda riflessione sui maggiori temi esistenziali: la vita, la morte, le relazioni. Il tutto, però, raccontato bene, con ironia e leggerezza.

La storia narra di uno psicanalista, il quale si scopre malato e con ancora poco tempo da vivere. Teso in extremis alla ricerca di un senso della propria vita, egli si mette a cercare le persone che sono state in cura da lui per contattarle e così, in qualche modo, portare a compimento qualcosa, arricchire la propria esistenza di significato. Forse lo fa per lasciare una traccia, qualcosa di buono, prima di lasciare questo mondo.

S’imbatte così in un suo ex paziente con cui la terapia era completamente fallita. Con sua grande meraviglia, trova che questo personaggio non solo ora si dichiara guarito, ma vuole a sua volta fare il terapeuta. Anzi, gli chiede di fargli da supervisore in questo percorso.
Lo psicanalista, dapprima sorpreso, infine accetta. Si tratta per lui di portare a termine un compito, certo, ma anche di scoprire qualcosa di nuovo.

Perché, com'è guarito il suo ex-paziente? Beh, è guarito grazie alla filosofia, in particolare quella di Schopenhauer. Gettandosi completamente nello studio del grande filosofo tedesco, l’uomo ha trovato un senso alla sua esistenza ed ora si ritiene giunto a un punto di assoluta perfezione ed equilibrio.
Nel corso del racconto - che procede alternandosi alla cronaca della vita dello stesso Schopenhauer, correndo per così dire su due piani narrativi ben distinti - scopriremo però che le cose non stanno proprio così.

La filosofia di Schopenhauer, con il suo predicare il distacco dai sentimenti, il non-volere di matrice orientale e via di questo passo, costituisce un valido aiuto per districarsi in alcuni spinosi problemi esistenziali, certo, ma non compie tutto il percorso.



Arthur Schopenhauer, fotografato nel 1859, l'anno prima della sua morte
immagine dal web



Che cosa manca alla cura Schopenhauer? Secondo Yalom, che pure riconosce a Schopenhauer il merito di aver portato a tema tra i primi alcuni problemi della umana esistenza, il pensiero del filosofo tedesco insegna molte cose, ma non basta per stare bene ed essere felici. Alla cura Schopenhauer, insomma, manca ciò che invece insegna la vita, con la sua parzialità e la sua tragedia. Manca il frutto che viene solo dal mettersi in gioco in prima persona nel mondo, con gli altri e nella relazione con loro.
Questo, in poche parole, imparerà il filosofo del romanzo, questo impara il lettore, questo impara anche il protagonista, l’analista che alla fine muore, lasciando però una cospicua eredità di affetti e cose buone per le persone che hanno fatto parte della sua esistenza.
Il libro è divertente, profondo, interessante. Utile, per chi voglia conoscere la filosofia di Schopenhauer all'interno di una struttura narrativa che facilita moltissimo la comprensione, ma anche a chi voglia fermarsi a riflettere su quelle cose profonde e vere per le quali, nella nostra quotidiana esistenza, raramente troviamo tempo. E invece dovremmo.
La cosa più bella di questo libro, è infatti proprio la domanda che, alla fine, lo studioso di filosofia è costretto dai fatti a porsi. Possiamo essere felici se non ci mescoliamo mai con i sentimenti, le emozioni e le sensazioni? La risposta è negativa. Forse così facendo siamo sereni, ma è una serenità che costa molto e paga poco.

Altro che atarassia e apateia che tanto piacevano a lui come ai suoi amici stoici (i filosofi greci). Siamo felici solo quando accettiamo di sporcarci le mani, di metterci in gioco senza paracadute, rischiando anche di soffrire. Non ci sono altre vie, pare dire il terapeuta del libro e con lui, sicuramente, l’autore.

Il pensiero dell’assenza di volontà, la meditazione e la ricerca di una felicità meramente razionale, che si collochi al di là e al di sopra dei sentimenti e delle relazioni non è sufficiente. Serve a fare un pezzetto di strada, certo, dischiudendo una dimensione riflessiva ignota ai più. Poi però ci vuole altro. E che cos'è questo altro? Beh, sono tutte quelle cose che fanno parte della vita e che a volte ci fanno soffrire, ma che ci rendono anche felici. 

Occorre entrare nella vita, non basta osservarla dal di fuori, per quanto acutamente. Per essere felici, vale la pena rischiare.


Degna di nota, nel libro, la figura dello studioso di filosofia. Freddo, altero, supponente e convinto della propria superiorità nei confronti del resto del mondo. E naturalmente misogino. Chiunque abbia frequentato qualche corso universitario di filosofia non potrà che sorridere, riconoscendo in questo personaggio più di una persona reale!




Info sul libro: Irvin Yalom, La cura Schopenhauer, Neri Pozza, Vicenza, ultima ed. 2018
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