I racconti segreti delle cose. Darren Bader @Galleria Franco Noero

Darren Bader, exhibition Interlude @ Galleria Franco Noero, Piazza Carignano 2, Torino
Installation view
Photo: Sebastiano Pellion di Persano



Proust, mangiando un biscottino intinto nel tè di tiglio, affoga nei propri ricordi e scrive la Recherche. Che cos'è un biscottino? Beh, niente, una cosina proprio effimera. Eppure, la piccola madeleine scatena nella sua mente una serie di riflessioni praticamente infinita, e senza punteggiatura.

E Kant, molti secoli prima, più che sicuro che avere in tasca cento talleri sia molto diverso dal pensarli soltanto, disquisiva sulla differenza tra le cose come esse sono in sé e su come invece appaiono a noi (cioè i fenomeni) e arrivava alla conclusione che delle cose in sé non sappiamo un bel niente. Il discorso si faceva molto interessante, tanto che tantissimi filosofi ne hanno ancora parlato e parlato, per i secoli a venire. Per esempio, un bel po’ di anni più tardi, Heidegger scriveva La questione della cosa proprio a proposito dei ragionamenti di Kant.

Delle cose, insieme con le parole, ha scritto Foucault. Ma ora che ci penso, la… ehm, cosa, parte molto, ma molto prima. Nell'antichità, e nel Medioevo, quando persone molto intelligenti trascorrevano gran parte del loro prezioso tempo ad accapigliarsi chiedendosi se l’essenza delle cose si trovasse, appunto, nelle cose, con la loro consistenza fisica e concreta, oppure si nascondesse magari nelle idee che ce ne facciamo, o ancora, addirittura, nei nomi che gli diamo.

Uno psichiatra e filosofo nostro contemporaneo, James Hillman, in più luoghi, dà una particolare importanza alle cose, proprio nel senso degli oggetti. Dice che sono fondamentali per noi, perché sono ciò di cui ci circondiamo e perciò posseggono molta della nostra anima, nostra e del nostro ambiente. Le cose, i cui quotidianamente ci serviamo, perciò, sono molto più importanti di quello che sospettiamo. E ancora più importanti sono le connessioni tra le cose, con i loro più o meno latenti rapporti sincronici di senso.



Darren Bader, 109 things to begin a new civilization, dimensions variable, unique
Photo: Sebastiano Pellion di Persano
courtesy @ l'artista e la galleria



Nella sede di Piazza Carignano della Galleria Franco Noero è in corso una personale di Darren Bader che è fatta di sole… cose. Cose poste sul pavimento, sulle pareti, in un angolo di una sala.

Che cosa ci fanno in una galleria d’arte tutte queste cose, questi oggetti messi lì apparentemente alla rinfusa? Non sembrano stare al loro posto. In una galleria non dovremmo vedere delle altre… cose, come per esempio dei dipinti o delle foto appese al muro, magari con una certa attenzione estetica?
Che cosa hanno messo a fare, invece, tutti questi oggetti in giro?

Forse un filosofo ci può aiutare. Heidegger, in Essere e Tempo, parla degli oggetti che abbiamo a portata di mano e che lui chiama l’ “utilizzabile intramondano”. Sono le cose che usiamo, quelle che abbiamo intorno a noi, nel nostro mondo, più o meno. Cose come quelle che Darren Bader ha sparpagliato per le sale della galleria Noero, insomma.

E allora? Ma che sta succedendo? Viene da chiedersi: che ne è, in questa mostra, degli oggetti e della loro utilità a cui siamo abituati?

Facciamo un esempio. È un po’ come quando nella vita quotidiana un oggetto si guasta o smette di funzionare. Ecco che a un certo punto – dice sempre Heidegger - succede che l'oggetto, l’utilizzabile intramondano, si pianta, non funziona più. Si guasta, non gira, non fa quello che deve fare. Ecco che allora la giornata è rovinata.

Immaginate. È come quando il vostro computer, che vi serve per lavorare o per altro, si rifiuta di accendersi o di funzionare. Quando la macchina non parte, il treno si ferma in aperta campagna, la penna vicino al telefono non scrive (che strano), il quadro che è stato appeso alla parete per decenni sceglie proprio quel momento per cadere.

Insomma, la cosa, l’oggetto che, fino ad allora muto e obbediente, faceva quello che doveva fare senza dirci nulla, chino alla nostra volontà e fermo tranquillo dentro il pacifico orizzonte di senso che noi gli abbiamo destinato, si ribella e si ferma.

Succede.
E allora che si pensa? Dopo le imprecazioni, di solito ci si arrabbia, ci si lamenta e poi ci si rassegna. Ma ci resta dentro una sensazione strisciante di delusione, malinconia, persino rabbia.
Qui, dice Heidegger, parte l’angoscia. Quando le cose, tutte le cose, non vanno come ci aspettavamo. Sono diverse e ci sgomentano.

Ma che parta l'angoscia, dal punto di vista di Heidegger è una buona notizia. Allora un universo si spalanca sotto, intorno a noi. Non sappiamo più che fare, ma proprio in questo non saper che fare si aprono possibilità a cui non avevamo pensato.

Quando le cose si guastano, o non sono al loro posto, noi ci arrabbiamo, però, per esempio i bambini non fanno così. I bambini, se le cose non funzionano più mica le buttano. Le usano per giocare, si inventano cose nuove, nuovi significati.



Darren Bader, eBay sculpture, dimensions variable, edition of 3 + 1 AP
Photo: Sebastiano Pellion di Persano
Courtesy @ l'artista e la galleria


Ecco, più o meno è questo che fa Darren Bader. Fa come i bambini, solo che per fare come loro non aspetta che le cose smettano di funzionare.
Nelle sue mani le cose, le cose che fino ad allora assolvevano semplicemente una loro funzione prestabilita, si aprono allora a una molteplicità di significati nuovi, inattesi, tutti da inventare. E allora niente è più come sembra. Le sincronie sono libere di venire alla luce, da latenti che erano. Tutto appare diverso.

Bader è volutamente ironico e a volte le sue opere strappano persino un sorriso. Come quando vediamo un drone pronto ad aleggiare sopra una selezione di formaggi molto fermentati e stagionati, con gli effetti forse non proprio gradevolissimi all'olfatto che possiamo immaginare. O come quando fa preparare una salsa da assaggiare con ingredienti segreti e, c’è da scommetterci, non necessariamente commestibili (anche se – ci assicurano! - assolutamente non nocivi per la salute. Ma io sono come Woody Allen e ho evitato lo stesso, lo ammetto).

Nella mostra c’è ironia, ma anche sinestesia. Il gioco con le cose diventa gioco con i sensi, con la percezione.
Così, ci sorprendiamo a sostare in una stanza intenti a guardare un profumo. Non una boccetta di profumo, proprio un aroma… come se potessimo vederlo aleggiare e dissolversi nello spazio di una sala espositiva. Altrove, ascoltiamo il suono prodotto da diversi medicinali, chissà come, tutti insieme, come in una canzone dei Subsonica di qualche anno fa e alla faccia degli effetti collaterali.

Sul pavimento della sala più grande della galleria, possiamo poi divertirci a guardare, oggetto per oggetto, una specie di tavola di Mendeleev di tutte le cose e gli elementi utili, a parere dell’artista, per costruire una nuova civiltà. Ci sono giocattoli, libri, e, c'è da scommetterci, idiosincrasie di vario tipo.

In un’altra sala ancora, invece, ci sono tutte le cose in vendita nell'account di ebay di un signore qualunque, che resta sconosciuto e che l’artista ha fatto comprare in blocco, con un gesto estremo di, ancora una volta, ironico ready made. E anche se scrivo romanzi, giuro, non sono riuscita a trovare la connessione evidente (?) tra cinque o sei abiti da comunione per bambini e gli ammennicoli di un appassionato di motociclette.

Insomma, la mostra pare funzionare un po’ come quegli elenchi di oggetti, cose, sapori e profumi in certe antiche cantilene o delle filastrocche. Cose avvicinate per caso o per progetto, che appaiono però come quelle esposte in un mercatino dell’usato, o forse nascoste in una soffitta. Ma anche come le immagini di un sogno da interpretare, dove la connessione cogente tra oggetti, cose e azioni, certamente c’è, ma non si vuole far capire, almeno a un livello conscio.



Darren Bader, Molecules(starter kit 1-2), twenty* audio files, dimensions variable, unique
Photo: Sebastiano Pellion di Persano
courtesy @ l'artista e la galleria


Insomma, strappate alla catena di montaggio della società industriale qualcosa-punto-zero che le ha prodotte, le cose, le nostre cose di tutti i giorni, messe in mostra sul pavimento di una galleria paiono volersi riprendere la propria anima.

Così, posto che sulla questione dei cento talleri a Kant non si può dar torto (almeno considerando che lui di certo non possedeva una carta di credito) torniamo alla domanda dell’inizio.

Che cosa sono le cose? Seguendo Bader, diremmo forse che le cose, come la madeleine di Proust, sono racconti da scoprire, perché parlano di noi.
Sono pensieri, intuizioni e chiavi che innescano altri pensieri e altre intuizioni. Dobbiamo solo lasciarle parlare.

Per concludere, mi viene voglia di dare un consiglio, che è quasi un gioco.

Andate a vedere la mostra in Piazza Carignano. E poi tornate a casa vostra e guardate gli oggetti che ci sono in giro, nelle stanze dove state di solito. Le cose disordinate, le cose di cui fate uso. Le cose messe alla rinfusa nei vostri cassetti, insieme con i sogni lasciati indietro e i romanzi da pubblicare.

Fate caso se le cose che avete intorno tutti i giorni raccontano proprio la storia che voi raccontate a voi stessi, su di voi e sulla vostra vita, su chi siete, le vostre relazioni e i vostri progetti, oppure no.

Magari tra le cose che avete intorno c’è un racconto di cui non vi siete mai accorti, e di cui nemmeno sospettate l’esistenza, che potrebbe essere interessante o addirittura sorprendente. Ecco, forse quello, quel racconto, almeno in parte, siete voi.





Info sulla mostra:

Exhibition: Interlude
16 July- 9 October 2019, Piazza Carignano 2
www.franconoero.com




PS.

Ah! dimenticavo... già che ci sono, allego anche un suggerimento pop... C'è questa canzone di De Gregori che secondo me, con l'opera di Darren Bader, ci azzecca parecchio. Si intitola proprio "Cose", eccola qui: