Don’t throw it in the wc. Ryan Mendoza @GSF Freaks cabinet




courtesy @GSF


Da GSF c’è una mostra di Ryan Mendoza. È una mostra piccola, ma molto interessante.
Ci sono alcuni disegni, e soprattutto un’opera di grandi dimensioni, sui toni del blu e verde chiaro, che rappresenta un uomo nell’atto di portare, letteralmente in spalla, una donna. Il titolo della mostra è ironico e allusivo: “Over the shoulders”: sulle spalle.


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L’immagine evoca diverse narrative possibili. La donna è in costume da bagno, l’uomo no. Che si tratti di un bagnino? Forse lui ha salvato lei da un incauto tuffo in piscina (forse non aveva aspettato due ore dopo aver mangiato? Uhmmmm… si direbbe di no, perché indossa un paio di scarpe con il tacco). Forse lei ha bevuto qualche bicchiere di troppo, forse non respira più, è morta, di certo è almeno svenuta… chi lo sa, il dipinto non lo dice. Lascia immaginare scenari più meno tetri, però.
Nei disegni, invece, si vedono volti, corpi appena accennati con un tratto tremulo. Ci sono scritte. Una dice: «I need help».


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Ok. La mostra è doppiamente ironica.
È ironica, in primo luogo, perché in quel “sulle spalle” del titolo riecheggia un sentimento di stanchezza esistenziale, che però strappa un sorriso. Vengono in mente quelle relazioni tossiche, in cui uno dei due partner si butta, appunto, sulle spalle dell’altro, banchettando metaforicamente, e senza ritegno, con la sua energia vitale.

Insomma, ribaltando i ruoli, viene in mente quel personaggio di Verdone che dice, in accento tutto sabaudo: «Non ce la faccio più!».

Ma il primo motivo per cui questa mostra è ironica è ancora un altro. L’ho lasciato per ultimo proprio perché è il più evidente.
La mostra non si svolge nella sala principale della galleria, quella che si affaccia nobilmente sul salottino di Galleria San Federico. No, la mostra è ospitata in quello che i galleristi chiamano il “Freaks cabinet”, il quale altro non è che la toilette.

Cosa interessante: l’opera principale di Mendoza è posta di traverso, poggiando per terra, a ostruire l’accesso ai servizi, ciò che accentua, insieme all’ironia, il senso claustrofobico.
Don’t throw it in the wc, cantava Paolo Conte. Non sono riuscita a immaginare una colonna sonora migliore per questa mostra. Se vi va di ascoltarla l'ho postata qui.







Info sulla mostra: GSF Contemporary art