Enzo Obiso, L'Avana, 2015 Courtesy @ l'artista |
Nostalgia del futuro è il titolo della mostra di fotografie
di Enzo Obiso in corso negli affascinanti spazi torinesi di GSF contemporary art a Torino.
In mostra ci sono immagini piccole di vecchie automobili,
tutte in fila come una lunga serie. Ci sono foto di dettagli apparentemente
insignificanti che diventano quasi figure astratte, trovando sinergie nascoste,
disegnando mondi, solleticando l’immaginazione.
Ma ci sono soprattutto fotografie scattate a Cuba, nel corso
di un viaggio, per un lavoro che è insieme reportage e ricerca interiore.
È come se l’indagine nello spazio e nei luoghi fuori di sé,
svolta attraverso il medium della macchina fotografica, non fosse per il
fotografo che un riflesso, correlativo oggettivo di un’altra ricerca, che
invece si svolge dentro la sua anima. Allora i luoghi, gli eventi, i soggetti
delle immagini incontrati nel viaggio fisicamente compiuto nel mondo, si fanno
segni, alludono a una riflessione, a un mondo tutto interiore.
Certo, la specificità del soggetto, Cuba come città, cambia il senso della riflessione. Vorrei però soffermarmi qui sulla questione più generale.
Ma che cos’è la nostalgia del futuro? Che cos’è la nostalgia
se non mancanza?
installation view della mostra di Enzo Obiso da GSF contemporary art a Torino courtesy @l'artista e la galleria |
Che cosa vuol dire che manca il futuro? Il futuro manca
quando non si spera e non si desidera più, quando i sogni ristagnano e lo
sguardo si affievolisce.
Possiamo sentire la mancanza del futuro, di qualcosa che non
c’è ancora? Sentire la mancanza del futuro, vuol dire che si vede la fine, che
non ci si sente più proiettati in qualcosa di diverso, di altro, di oltre il
punto dove ci troviamo adesso. È la fine di un percorso.
Ma mancanza del futuro e nostalgia del futuro sono la stessa
cosa? Sì e no.
La nostalgia non è propriamente mancanza. È piuttosto
sentimento di un’assenza, misto a desiderio e venato di una certa dolcezza.
È una nostalgia poetica, nostalgia di un modo fotografato e
fotografabile, in cui l’immagine poteva rendere bene il pensiero e il
sentimento. Una ricchezza da non dimenticare, ma da raccogliere come una
bellissima eredità da cui non possono non nascere nuovi germogli.
I ricordi sono qualcosa che abbiamo o qualcosa che abbiamo
perduto? È la frase che in un film di Woody Allen (Un’altra donna, 1987) dice la
protagonista (Gena Rowland) a un certo punto.
A pensarci bene, in questa dialettica tra ricordo e reminiscenza,
è sotteso tutto il senso della fotografia di reportage. Anche quello interiore.