Patterns, natura, ossessione. Sandy Skoglund @Camera, Torino




Winter, 2018 Fotografia a colori/Color photograph, 122 cm x 162.6 cm 
Sandy Skoglund studio, New York Courtesy Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)

Il principio degli indiscernibili, secondo Leibniz, è quello per cui, detto semplice, se una cosa può sostituirne un’altra e praticamente non cambia nulla, le due cose sono lo stesso.
Più o meno. E lasciamo stare che ne ha detto Heidegger, a proposito di che cosa vuol dire questo essere… lo stesso.

Fatto sta che, senza il principio degli indiscernibili, il concetto di pattern non esisterebbe.

Per chi non lo sapesse, un pattern è una configurazione, grafica o meno, potenzialmente ripetibile all'infinito. Un pattern grafico è ripetuto fino a ricoprire tutta la superficie disponibile, per esempio di un tessuto, una carta da parati, un luogo o, perché no, un incubo…

La nozione di pattern, insomma,  ha a che fare con la ripetizione e la serialità e, perciò, potenzialmente, è un dispositivo concettuale fortemente legato con il mondo del pop, della tecnologia e simili.
La ripetizione di un’immagine sempre uguale, ottenuta in maniera tecnologica o meccanica, ha però anche, come effetto collaterale, un sottile senso di ossessione.

Da Camera, a Torino, fino a fine marzo, è in corso una mostra affascinante dal titolo Visioni Ibride e dedicata al lavoro di Sandy Skoglund. L'evento è organizzato da Camera in collaborazione con la Galleria Paci di Brescia ed è stato affidato alla curatela di Germano Celant.
Artista finlandese nota in tutto il mondo, Skoglund ricorre al procedimento della stage photography, reinterpretandolo in maniera personalissima. 
Le sue immagini sono infatti costruite nella realtà, popolando i soggetti con figure ripetute che non sono mai create graficamente con il computer, bensì realizzate come sculture in resina e poi collocate fisicamente nell'ambiente da fotografare.
Le immagini non sono quindi artefatte, ma reali. 

A rendere l'evento espositivo torinese ancora più interessante, è poi la presenza in mostra di un'opera fino ad ora inedita, a cui l'artista ha lavorato negli ultimi dieci anni. L'opera conclude il percorso espositivo e porta il titolo Winter.



Radioactive Cats, 1980 Fotografia a colori/Color photograph, 64.7 x 83.8 cm 
Collezione Molgora/Molgora collection, Brescia Courtesy Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)
Se dovessi individuare tre parole per raccontare il lavoro di Sandy Skoglund, sceglierei queste: pattern, natura, ossessione.

Pattern. È evidente. I patterns sono la chiave di lettura principale di questo lavoro. Ogni singola immagine ne individua uno, che sia la volpe, l’uvetta o i fonzies. I pattern sono sempre uguali, per definizione. Si ripetono, si moltiplicano, invadono lo spazio e lo colorano. I pattern rimandano al design, al mondo pop della serialità della produzione. Al pattern si contrappone perciò la…



Sandy Skoglund al lavoro mentre prepara i set delle installazioni. Courtesy Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)

Natura. Sì, spesso, per paradosso, sono visioni naturalistiche quelle che si moltiplicano, sovrapponendosi all’ambiente, alle azioni dei personaggi. Sono volpi, lupi, fiocchi di neve. Ma è una natura ben poco naturale, questa. Anzi. I colori sono freddi, finti. Gli animali sono sculture di resina colorata e appaiono simili a stranianti giocattoli. Sono come creature fantastiche, venute fuori chissà come e chissà da quale…




The Green House, 1990 Fotografia a colori/Color photograph, 117.5 x 150.5 cm 
Collezione Cirillo/Cirillo collection, Brescia Courtesy Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)

Ossessione. Altro che gioco. La ripetizione del pattern, nella forma delle sculture tra loro simili eppure mai completamente uguali (ah! Leibniz!), fa pensare alla dinamica del pensiero ossessivo compulsivo. L'immagine, allora, si fa sintomo, come direbbe Georges Didi-Huberman. Quanto vediamo, è solo apparentemente di un gioco divertente. A ben guardare, in queste immagini tutto possiede il ritmo incalzante dell’ossessione. Come un pensiero, un chiodo fisso, una figura ripetuta che velocemente invade e deforma la percezione, la realtà, il paesaggio, i personaggi.

Il pensiero ossessivo e invadente si sovrappone, così, alla realtà percepita come "normale", conferendo ad essa una tonalità del tutto diversa. Siamo nel regno dell’Unheimlich. E tuttavia il risultato non cessa per questo di essere poetico, amplificando l’aspetto onirico e surreale.



Revenge of the Goldfish, 1981 Fotografia a colori/Color photograph, 69.2 x 88.9 cm Collezione/Malvicino collection, Torino 
Courtesy Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)
Che cosa accadrebbe se il mondo si popolasse dei pensieri che più turbano l'anima, quelli sempre uguali a sé stessi, quelli che, svelti e importuni come animaletti selvaggi, vampirizzano il nostro tempo? Forse ci sentiremmo perduti, avendo smarrito ogni contatto con la parte più profonda di noi. La paura ci sovrasterebbe e non sapremmo più che fare.

Per fortuna l’arte, con poesia e ironia, viene a salvarci. E lo fa proprio mostrandoci questo stesso incubo, portandolo fuori di noi. Ed ecco che allora, davanti ai nostri occhi, appare un'immagine insieme estetica e distopica, che ci porta in dono il bene più prezioso che possiamo desiderare: la consapevolezza. 


La mostra dura fino al 24 marzo. Per info: Camera.to