Paul Gees, 5 Horizontalen, 1983, Wood, stones, Cm 150x300x15 Courtesy Loom Gallery |
C’era un film, qualche anno fa, in cui si sosteneva che
fosse possibile, in qualche modo metaforico e molto poetico, misurare il peso
dell’anima. 21 grammi, si diceva. Pochissimo. Poco più di qualche foglio di
carta, qualche moneta, la dose corretta di un ingrediente per qualche ricetta…
piccole cose senza importanza, insomma.
Eppure, quando pensiamo all’anima, pensiamo alla cosa più vasta
che si potrebbe mai immaginare.
Non voglio intraprendere qui un’indagine scientifica sul
peso o non peso dell’anima. Ma le fotografie del lavoro scultoreo di Paul Gees (artista belga, classe 1949), tutto incentrato sui
concetti di peso, tensione, rapporto di forze e di energie, mi ha evocato
questo quesito: quanto pesa un’immagine?
Paul Gees, Untitled, 1979, Vintage Silver print, Cm 50x40 each, Courtesy Loom Gallery
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Un’immagine digitale non pesa nulla. Meno ancora dell’anima,
probabilmente. Ma come l’anima, e nell’anima, essa agisce, produce, sviluppa
pensieri, altre immagini, impressioni, sentimenti, sensazioni. E molto altro.
Il lavoro di Paul Gees mi interessa molto perché, in modo
minimale, senza eccedenze o informazioni di troppo, propone immagini pulite, dove
tutto si gioca intorno a piccoli gesti, piccoli spostamenti.
Il peso che tiene fermo un foglio di carta, il modo in cui
il foglio altrove si arrotola o si piega, registrando la forza che vi viene
impressa e reagendo ad essa. Il peso che modifica la curvatura di un’asse tesa,
mettendone alla prova la capacità di resistere, ne fa scoprire le proprietà di
resilienza, l'elasticità.
Da questo gioco di tensioni che cosa nasce? Nascono immagini
che raccontano, a loro volta, come nasce, si produce e si mantiene, l’energia
fisica di un corpo – anche il corpo etereo di un’immagine, o di un’anima. Sono
le leggi della termodinamica all’opera, ma sono anche le leggi dell’anima, e
forse è la stessa cosa.
Ma non è solo un gioco di tensioni e di ritorni (stiramenti,
stratificazioni e inerenze, come diceva Deleuze parlando della piega barocca). È
anche un gioco di equilibrio, anzi, di equilibri tra forze, tensioni, sforzi e
cedevolezze. E la ricerca di equilibrio, altro non è che la ricerca di un’armonia,
di una gradazione tutta musicale di pesi, forme, misure.
Paul Gees, Untitled, 1979, Vintage Silver print, Cm 50x40, Courtesy Loom Gallery |
«La debolezza è potenza, e la forza è niente. – diceva un
personaggio di Tarkovsji in un vecchio film (un altro) - Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore
è forte e rigido, così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e
quando è duro e secco, muore.
Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e
flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza.» (A. Tarkovskij, Stalker,
1979)