Immaginate la statua di un personaggio antico, un milite
romano, in scala 1:1. Una statua che sia una copia di un esemplare ancora più
antico e magari celebre, realizzata in un materiale meno nobile del proprio
modello. Una di quelle sculture che anticamente arredavano i giardini all’italiana
dei signori, dall’aspetto aulico e solenne, ma anonimo.
Immaginate, ora, che qualcuno, per ironia e per uno strano
senso eccessivo del gusto, faccia di questa statua un carillon, che giri su sé
stesso veloce quanto basta per perdere l’aspetto solenne e diventare simile ad un
grosso giocattolo.
Adesso il milite romano gira su sé stesso e il carillon
emette una musica strana, che suona come una tiritera per bambini,
opportunamente fuori luogo, come le colonne sonore dei film di Stanley Kubrik.
Sprofondate, poi, tutto questo in un ambiente di tendaggi
rossi e luci decorative, barocche, sempre rosse. Potrebbe essere Fellini, o, tornando
a Kubrik potrebbe essere lo scenario di una festa di Eyes wide shut.
Francesco Vezzoli, C-CUT
- Homo Ab Homine Natus, 2018,
scultura in cemento (XX sec.), bronzo, testa in
marmo (50 AC - 37 DC),
gesso alabastrino, tempera a uovo, cera microcristallina
191 x 62 x 51 cm
ph. Sebastiano Pellion di Persano – courtesy @Galleria Franco Noero e
l’artista
Ma ecco, al colmo dello stupore, del gioco e della sorpresa,
sulla schiena del soldato di pietra si apre uno squarcio improvviso. E da lì,
un po’ come Atena dalla testa di Zeus, spunta la testa di un altro uomo. E
dagli occhi di tutti e due i personaggi di pietra viene giù una lacrima.
Lacrima d’oro per uno, lacrima rossa come il sangue per l’altro.
Tutto questo mentre la musica suona e la statua gira sempre
sul suo podio giocattolo, e girando si riflette, volto e schiena, di volta in
volta, sugli specchi qua e là, alle pareti.
È un gioco, è una favola macabra, è un mondo tra il circo e
l’horror. C’è ironia nel rifarsi ai classici, c’è grandiosità nel proporre una
scena dalle trame leggibili, ma complesse, in cui la tradizione estetica si frantuma,
si apre e, come la schiena del milite di marmo, lascia che un volto un po’
strano, certo inatteso, si faccia strada e mostri un volto in lacrime.
Sembra quelle statue magiche e cialtrone che ogni tanto
lacrimano sangue e promettono miracoli. Sembra un convitato di pietra che si
sia ingoiato Don Giovanni, e ora lui, lacrimante e pentito, bussa e spunta dal dorso
squarciato dell’improbabile governatore.
C’è tutto un mondo, c’è tutto un racconto. Anzi, ce ne sono
molti immaginabili.
Francesco Vezzoli, C-CUT
- Homo Ab Homine Natus, 2018
scultura in cemento (XX sec.), bronzo, testa in
marmo (50 AC - 37 DC),
gesso alabastrino, tempera a uovo, cera microcristallina
191 x 62 x 51 cm
ph. Sebastiano Pellion di Persano – courtesy @Galleria Franco Noero e
l’artista
Tutte le possibili interpretazioni sembrano però ruotare (e il
verbo non potrebbe essere più adatto) attorno a una stessa lettura della
contemporaneità. Un aver a che fare con il passato e con la tradizione
svelandone però tutto il peso, la pesantezza anche stilistica, e la neanche
troppo velata minacciosità.
Ma oggi, nel rapporto con l’antico, non c’è l’entusiasmo
dell’interpretazione dei classici, come sarebbe stato forse ancora all’inizio
del millennio. C’è invece la stanchezza, anzi un’insofferenza dal sapore nietzscheano,
di sentirsi sempre ancora nient’altro che epigoni, la voglia di scrollare le
spalle dei giganti su cui siamo saliti sentendoci nani. E magari lasciarci
partorire da loro, che vogliano o no, senza altri indugi, perché di loro ci si è
stancati e si sa che non meritano vere lacrime.
L’opera si intitola C-Cut - Homo ab homine natus ed è stata pensata da Francesco
Vezzoli per la sede di Piazza Carignano di Franco Noero. Le musiche sono di
Wendy Carlos, l’allestimento curato da Filippo Bisagni. La mostra è visitabile
fino a gennaio.