THOMAS SCHÜTTE
FAKE FLAG, 2018
Ceramica smaltata Cm 96 x 207 x 4
Foto: Archivio fotografico Tucci Russo
Courtesy: l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea
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Nella sede torinese di Tucci Russo è in corso fino alla fine
di dicembre una mostra dedicata all’opera di Thomas Schütte.
Il focus del lavoro di Schütte è costituito dalla perenne
dialettica tra materia a forma ideale, dicotomia cui corrisponde, ad un altro
livello, la drammatica tensione tra realtà e utopia.
Ad un primo sguardo, non è facile dire di quale materiale siano fatte le grandi teste del gruppo di sculture che porta il titolo Fratelli (l'opera è del 2012 e il materiale è alluminio laccato), così come la più recente Braunkopf (2018, che è invece di ceramica). In queste opere il materiale si perde completamente nella forma, identificandosi quasi totalmente con essa. A emergere all'attenzione è soprattutto il soggetto: la testa.
La testa designa l’ambito del pensiero e del ragionamento, la parte del corpo umano più lontana tanto dalla trivialità degli istinti sessuali quanto dai piedi, che camminando si sporcano con la terra, rischiando di contaminarsi ad ogni passo. Pur essendo la più lontana dalla materia e dal regno del sensuale, la testa è anche ciò che nel corpo pesa di più. È il luogo del logos, dell’intelletto e della ragione.
THOMAS SCHÜTTE
FRATELLI, 2012 | 2018
Alluminio laccato, 4 elementi
Foto: Archivio fotografico Tucci Russo
Courtesy: l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea
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Ma proprio per il suo essere unilaterale, come
accade con la falsa bandiera (Fake Flag,
2018, opera anch’essa in mostra), la testa rappresenta il paradosso di
un’utopia distopica, in cui l’ideale ha cancellato completamente
l’altra voce della dicotomia, tentando di azzerare la dialettica che vi
sottende.
La falsa bandiera, infatti, non sventola. È ferma e decisa, e perciò immobilizzata, privata del movimento.
La falsa bandiera, infatti, non sventola. È ferma e decisa, e perciò immobilizzata, privata del movimento.
Ma che ne è di una bandiera che non si muove più? La
bandiera immobile dice l’impossibilità dell’utopia unilaterale ,del pensiero
puro, dell’ideale assolutamente integro, che rifiuta di fare i conti con la
concretezza della quotidianità, che non vuole sporcarsi le mani confondendosi con l'inevitabile caos di ciò che è finito e mortale.
Perciò le teste di Schütte mostrano tutta la loro drammatica tensione interna: il loro voler essere soltanto teste, nient’altro che teste, svela una corporeità tanto più incisiva quanto più è assente. E difatti le teste, per esempio in Fratelli, assumono l'identità dei quattro elementi, quasi a voler evocare il loro legame alla materia, che negli antichi miti era il caos primordiale che tutto genera.
Ma, come voleva Freud, la tensione tra forma è materia non sparisce nella soppressione di uno dei due estremi dialettici. Anzi, la soppressione non fa che esacerbarla e renderla ancora più intensa. Tanto più quanto più l’altro elemento, la Kore con tutto il suo caos, si nega alla rappresentazione.
Perciò le teste di Schütte mostrano tutta la loro drammatica tensione interna: il loro voler essere soltanto teste, nient’altro che teste, svela una corporeità tanto più incisiva quanto più è assente. E difatti le teste, per esempio in Fratelli, assumono l'identità dei quattro elementi, quasi a voler evocare il loro legame alla materia, che negli antichi miti era il caos primordiale che tutto genera.
Ma, come voleva Freud, la tensione tra forma è materia non sparisce nella soppressione di uno dei due estremi dialettici. Anzi, la soppressione non fa che esacerbarla e renderla ancora più intensa. Tanto più quanto più l’altro elemento, la Kore con tutto il suo caos, si nega alla rappresentazione.
THOMAS SCHÜTTE
BRAUNKOPF, 2018
Ceramica smaltata, Cm 60 x 45 x 50
Foto: Archivio fotografico Tucci Russo
Courtesy: l’artista e Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea
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Come un ritorno del rimosso, ecco che il disordine terrestre
ricompare allora sui volti delle teste lucide, sui tratti deformati o esagerati
dei loro profili, fino alla sensazione dell’equilibrio difficile da raggiungere
e da mantenere delle figure ritratte nelle sculture in bronzo come Mann in Matsch mit Fahne (2008-17) e Mann in Matsch mit Hut (2008-17).
Perché non solo il soggetto rappresentato agisce su chi guarda. Nella scultura, come già voleva Heidegger, parla tanto più forte il vuoto lasciato silenzioso dalla materia assente. E proprio nel silenzio, in ciò che è taciuto, si nasconde il motore di una dialettica segreta.