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Il significato è l’uso, diceva Wittgenstein. Che cosa
significa? Detto in parole semplici, e tra le altre cose, ciò vuol dire che
l’uso che facciamo, per esempio di un termine nel linguaggio, dà luogo al
significato che a quel termine poi attribuiamo. Non avrò perciò il significato come qualcosa da
scoprire, un segreto nascosto, essenziale al termine stesso, che posso cogliere o meno. Al contrario, il significato nasce dalla funzione che a quel termine
attribuisco. Sembra complicato, ma in realtà è molto pratico.
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Benedetto Bufalino, classe 1982, vive e lavora a Lione e ha
alle spalle una intensa carriera espositiva di successo. Mi interessa perché
nelle sue opere, quasi sempre installazioni di grandi dimensioni, gioca con la
nostra percezione dello spazio e, più ancora, con la nostra relazione agli
oggetti e alle funzioni che vi attribuiamo.
La sua attenzione per lo spazio non si sviluppa nel senso
fenomenologico, come attenzione alla percezione di oggetti o luoghi, per
esempio dedicati allo sport, bensì come una radicale decontestualizzazione di
elementi anche di grandi dimensioni, in situazioni del tutto inusuali e
spiazzanti.
Così, la struttura di un campo di calcio è trasferita, ad
esempio, sulla parte inferiore di una macchina capovolta, oppure una cabina
telefonica o la cabina di comando di una scavatrice si trasformano in un
acquario con tanto di pesci, e così via.
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Questo meccanismo di spiazzamento/spaesamento mi ricorda la logica del sogno. Così come il nostro cervello di
notte produce i sogni, di giorno la nostra mente immaginativa produce
associazioni, suggestioni, passa da un argomento all’altro senza soluzione di
continuità.
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Le cose, nelle opere di Bufalino, non sono come sembrano. Si
sommano, si sovrappongono l’una all’altra come se le percezioni non fossero
ordinate, ma arrivassero maniera confusa, o meglio secondo una logica
alternativa a quella delle delle semplici attese della nostra quotidianità.
Così una macchina rovesciata è messa al posto di un lampione
oppure una betoniera che diventa una luce da discoteca. Le percezioni e le
sensazioni cui siamo abituati cambiano luogo,
protagonisti, funzione e si decontestualizzando in maniera radicale.
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Ma non basta. Le opere di Bufalino prendono vita quando le
persone reali interagiscono con loro, le usano e, sul filo dell’assurdo e del
gioco, le vivono, con la loro nuova inattesa funzione. Perciò l’installazione
artistica si fa relazione.E l’oggetto, di volta in volta, si stravolge e
rinasce. Muta funzione, uso, e trova così un nuovo significato.