#Aviewnotawindow - e a Milano c'è una galleria che non chiude mai. Intervista a Rossana Ciocca

immagine della gallerie e dell'opera di Massimo Uberti - courtesy l'artista e la galleria


Avete presente quando Monet dipingeva la cattedrale di Rouen più e più volte, osservando il modo sempre diverso in cui la luce si rifletteva a seconda delle ore del giorno? Certo da allora ad oggi gli esperimenti artistici che hanno a che fare con il variare della luce, dal giorno al meriggio alla notte e ritorno, sono stati tanti (mi ricordo qualcosa di Spencer Finch a una Biennale di qualche anno fa, giusto per fare un esempio tra mille).
Il nuovo spazio espositivo di Rossana Ciocca a Milano gioca su questi concetti per natura. Dico per natura perché si tratta di uno spazio nnovativo, interessante e soprattutto con una particolarità: è aperto sempre, 24 ore su 24. Aperto per il pubblico dei classici art-enthousiasts, ma pronto a cogliere nuovi stimoli culturali e artistici, a proporne, a crearne e a raccogliere intorno a sé un pubblico anche nuovo, diverso, ancora da scoprire.

Lo spazio ha inaugurato a fine giugno con una mostra di Massimo Uberti. Il lavoro di Uberti gioca con lo spazio e con il variare della luce del giorno e della notte. Mette così l'accento sulla particolarità del nuovo progetto espositivo, e ne fa immediatamente poesia. 
L'opera è essenziale: una stanza tutta d'oro e al centro una sedia fatta di luce al neon. Il resto lo fa la luce naturale, quella che entra, esce, si spegne, rende conto del tempo e dei giorni e delle notti. E, così facendo, suona l'opera come uno spartito.

Il progetto di Rossana Ciocca mi ha incuriosito molto. Dato il periodo di sofferenza delle gallerie d'arte tradizionali, ho colto in questo esperimento milanese un tocco di novità davvero stimolante. Così ho voluto saperne di più e ho intervistato Rossana Ciocca. Ecco qui sotto quello che ci siamo dette.

immagine della gallerie e dell'opera di Massimo Uberti - courtesy l'artista e la galleria


MCS: Ho letto della tua nuova galleria aperta 24 ore su 24 e mi sono subito incuriosita molto! Mi pare un progetto innovativo e interessante. Come è nata l’idea?

Rossana Ciocca: Stavo cercando uno spazio che interagisse in modo più interessante con la strada e con un pubblico che non fosse quello tradizionale. Le gallerie, per tanti motivi, hanno meno affluenza in questi anni nonostante tutte abbiano un orario d’apertura al pubblico e l’ingresso libero.
 Lo spazio di via Donatello 7 (a Milano) è ubicato in un vecchio palazzo liberty ed ha due vetrine ad angolo, una su strada e l’altra sull'accesso dell’androne del palazzo. È uno spazio intimo ma allo stesso tempo molto aperto.
La sua forma, che definirei quasi una lanterna, mi ha suggerito l’idea di cercare progetti che avessero come prima caratteristica l’incontro con l’arte ad ogni ora del giorno, progetti che possano essere fruiti sempre.

 MCS:   Quindi la tua idea punta a richiamare un nuovo tipo di pubblico, e magari di collezionismo?

RC: Mi sono sempre occupata di arte sperimentale, mercati nuovi o emergenti. Lo spazio espositivo tradizionale è evidentemente ormai desueto, non solo nel contatto col pubblico ma spesso anche per il modo in cui gli artisti lo possono utilizzare nell'allestimento delle opere. L’ideale sarebbe poter avere spazi ogni volta diversi o che corrispondano alle diverse esigenze dell’opera, un po’ come succede nell’arte pubblica dove il contesto installativo rafforza il contenuto.

MCS: Quali nuove idee e progetti secondo te possono diventare la risposta giusta per ripensare il mondo dell’arte di oggi? Da dove e come possono arrivare nuove energie e nuovi stimoli?

Il mercato è stato e resterà il primo e più importante motore per l’arte e la sua crescita, quello che stiamo vivendo è quello che inventò Jeffrey Deitch a tavolino per Citibank nel 1979, quando i due aprirono il loro dipartimento di servizi per l’arte in co-gestione con lo storico dell’arte Patrick Cooney. Deitch è stato il primo a vedere l’arte come vetrina sul mercato finanziario globale. Ha inventato un nuovo modo di fare servizi che non esisteva e che era molto richiesto dai grandi ricchi del mondo.
Questo tipo di mercato, come si può ben vedere dall’andamento dei prezzi e dalle aste non è in crisi, anzi è in crescita. Quello che è stato tagliato fuori con la crisi è il medio collezionista o il medio mercato, a favore di un mercato più alto.
Questo non è successo solo nel mercato dell’arte, ma in tutti i mercati. L’idea ben definita da Thomas Piketty nel suo saggio Il Capitale nel XX secolo è che in una società che cresce poco, la ricchezza passata acquisisce una crescente importanza e tende ad essere accumulata nelle mani di pochi.
Da qualche anno però sono entrate in vigore nuove direttive, soprattutto per le fondazioni bancarie o le istituzioni finanziare pubbliche e private. Basta dare un’occhiata all’account della Rockefeller Foundation per farsene un'idea: temi come innovazione, equità e sostenibilità ora la fanno da padrone, non solo nell’arte.
David Joselit nel suo saggio After Art ci spiega in modo chiaro come oggi un curatore deve scegliere un artista e come questo debba avere in sé delle caratteristiche che ben evidenziano il ruolo opera/cittadino: un principio di identificazione che prevede la nascita del format, un’opera che puoi ripetere in luoghi diversi, ma che non modifica il suo contenuto o messaggio. Ai Waiwei è certamente l’esempio più calzante per capire questo tipo di processo.
Se poi ci si pensa, in qualche modo, #aviewnotawindow è un po’ uno spazio format a cavallo fra pubblico e privato. Se si prende il progetto di Massimo Uberti e la lanterna di via Donatello, spostandola a Roma il contenuto non cambia, così come la relazione col pubblico.
Negli anni '70 le gallerie erano negli appartamenti al primo o al quinto piano dei palazzi. Gli anni '90 hanno dato al pubblico  i big white cube, oggi per lo più non sostenibili. Per questo noi oggi dobbiamo immaginare luoghi diversi, in quella che potrei definire un’economia più condivisa, almeno per chi si occupa di costruire il mercato.
Resta ovviamente l’incognita delle piattaforme di vendita, che potrebbero sostituire gli spazi reali con spazi di vendita on line. A fronte di questo è ovvio che il mercato, ma anche il ruolo del gallerista, dovrà trovare delle soluzioni diverse soprattutto perché per far crescere gli artisti. I musei, le residenze e gli spazi no profit non possono sostituire quello che è e resterà una base importante di crescita per un artista, ovvero il confronto con il mercato.