Filosofia Pop! Un blog e poi…?

una delle mie sciarpe di seta (prototipo)

Premessa. Il blog Filosofia Pop esiste da qualche anno e, pur essendo piccolo e almeno fino ad oggi poco “spinto” sui social ecc. vanta non so nemmeno io come, un discreto pubblico piuttosto costante che si aggira intorno a qualche migliaio di letture settimanali. So che non è la fine del mondo, ma dato che il mio è un pubblico di nicchia, e di fatto ho promosso questo blog sempre davvero pochissimo, la cosa mi rende felice!
Perciò, ringrazio chi mi legge, perché qui sono raccolti i miei testi, riflessioni sull’arte contemporanea, sulla filosofia, sulla cultura. Tutte cose in cui credo profondamente. Ma sono contenta anche perché l’idea della filosofia pop mi ha sempre affascinata e coinvolta intellettualmente in modo particolarmente intenso.
Mi intriga molto quando l’arte del presente si mescola con quella del passato e ci dialoga insieme. Mi affascina trovare il senso delle cose che vivo, e delle esperienze culturali (e non) che faccio, attraverso un confronto proficuo e creativo con i miei riferimenti culturali. La filosofia per me non è mai stata solo nei libri, neppure i libri sono mai stati solo nei libri, anzi.

È per questo motivo che, quanto di recente mi sono trovata a dove scegliere un nome per un progetto nuovo che sto curando non ho avuto molti dubbi. Il suo nome sarà questo: Filosofia Pop!
Il termine filosofia pop è originariamente attribuito a Gilles Deleuze ed indica un modo di fare filosofia, o meglio di concepire il fare filosofia, facendo i conti con il mondo della cultura pop, con tutto ciò che questo comporta.

In genere però, almeno fino a qualche anno fa, parlare di cultura pop in un dipartimento di studi filosofici aveva del fantascientifico. Oggi le cose sembrano essere un po’ cambiate, sebbene anche quando si parla apertamente di filosofia pop, l’impressione è che gli accademici si riferiscano a una specie di sottobosco, una sottocultura per loro snobisticamente considerata priva di dignità intellettuale qualsivoglia.

Altre volte invece gli accademici si interessano della cultura popolare, chiamiamola così, ma per dissezionarla in mille sterili ragionamenti senza significato e, soprattutto senza vita. Avete presente i dissennatori di Harry Potter? L’effetto di sentire parlare di jazz da un filosofo accademico può essere simile, in qualche caso, a quello di vedere il proprio giocattolo preferito smontato e ridotto a inutili e insensati pezzettini da qualcuno che voleva vedere come funziona, ma non ha capito niente. Insomma, una noia mortale, o anche peggio.

Ovviamente non è sempre così, anzi, ci sono tanti valenti studiosi che hanno trattato e trattano il tema in modo decisamente interessante, soprattutto tra i giovani. Anzi, il tema è considerato da alcuni oggi molto attuale, tanto da ispirare festival, convegni e gruppi di lavoro decisamente interessanti come Pop-sophia, Filosofarti e altri. Tuttavia, il grosso delle accademie, in linea di massima, non condivide questo pensiero, o nel migliore dei casi lo accetta forzatamente nel disperato tentativo di trovare una collocazione ai troppi laureati in filosofia che non sanno che fare nella vita.

Secondo la mia visione, invece, quella che per molti accademici è subcultura, contiene in realtà molta più vitalità, interesse, capacità di essere condivisa e forza di quanto gli accademici non credano. Abituati a storcere il naso d fronte quasi a tutto (e a tutti), facilmente almeno alcuni di loro stentano a considerare interessante per esempio una canzone, un fumetto, una favola, o persino un oggetto di design, senza capire il valore immenso di alcune opere (penso certo a David Hockney e Andy Warhol, chiaro. Ma anche alle canzoni di De André, per dirne una, a molta musica rock e al cinema e al teatro e ai libri eccetera eccetera). Per me vale esattamente il contrario.

L’idea non è tanto quella – vecchia – di far parlare la cultura alta con quella bassa, ma di pensare a una cultura viva e in trasformazione costante, che sia capace di rischiare, certo, ma soprattutto di riconsegnarsi là dove la vita naturalmente nasce, cresce e prolifera: nel mondo della vita vissuta da tutti. Perché il mondo della vita migliora se si riappropria della cultura e del pensiero che da esso e per esso sono nati, ma anche il pensiero stesso – e l’arte “alta”, così come la letteratura (ma la letteratura ha forse meno questo problema) – non può che trarre energia e linfa vivificante da questo bagno di vita e realtà.

Questa la mia idea. Che oggi porto talmente all'estremo da decidere (provocatoriamente? Ma no, dai!) di usare le parole Filosofia Pop non solo come titolo del blog che tratta di arte, filosofia e cultura a 360 gradi, ma anche come nome del marchio di fashion design che curo personalmente e che per ora produce quasi esclusivamente sciarpe e foulard stampati da disegni fatti originariamente a mano e studiati uno per uno da me personalmente, per poi essere prodotti sempre (e per sempre) in limited edition.

Spero mi seguirete in questa nuova avventura che unisce la ricerca pop-filosofica (chiamiamola così) sul blog (ovvero le cose che farò e scriverò, negli artisti, filosofi e operatori culturali che sceglierò di intervistare o di cui vorrò parlare qui) a quella in ambito fashion design.

Per quanto riguarda il blog, ho intenzione in questo nuovo anno di dedicare alcuni post al pensiero di filosofi che mi hanno ispirato nel corso degli anni (sempre in chiave comprensibile al maggior numero di persone possibile, e facendo i conti con il mondo della vita, occhio!), così come mi divertirò a parlare degli artisti del passato e del presente che mi affascinano di più. Attenzione, non necessariamente di pop art! Anzi, ho già in cantiere un pezzo su Sonia Delaunay, e del suo lavoro incantevole, oltre ad alcune cose su mostre in corso. Ma potrei parlare anche di arte o filosofia antica, se ce ne sarà occasione, per dire…
Perciò continuerò anche a parlare di quel che succede nelle gallerie o nei teatri della mia città, o al cinema, o nei libri. Poi presenterò il mio lavoro, che sia in ambito arte, o letteratura, con i miei libri. 
E infine presenterò le mie sciarpe e i miei foulards, rendendo conto anche di questa avventura e di dove mi porterà.

Io sono entusiasta e non vedo l’ora di iniziare. Anzi, ho già cominciato!