@Juventus FC via Getty images |
Questa è
interessante. Recentemente ho visto il video di un’intervista a Woody Allen,
che è uno dei miei miti personali assoluti, in cui gli veniva chiesto che cosa
preferisse guardare in tivù dovendo scegliere tra un film e una partita di
baseball. E lui, mitico regista e autore di molti capolavori, contrariamente a
quello che tutti avremmo pensato, sceglieva il baseball. E non credo che fosse
ironico, per una volta.
Beh, nel mio
stra-piccolissimo, a me è capitato più volte, lavorando nel mondo dell’arte
contemporanea, di avere a che fare con persone che non capivano la mia passione
per il calcio, non parliamo poi della Juventus. “Mah, non capisco che cosa ti
attiri, sarà l’adrenalina”, mi ha detto una volta qualcuno (l’adrenalina, dici
niente). Altri snobbano semplicemente la cosa, ritenendola troppo popolare (ma,
ops… occhio, come si chiama questo blog?) perché possa interessare chi si
occupa di discipline artistiche, o addirittura filosofiche.
Certo, non mancano
coloro che la passione per la Juve la coltivano e la condividono, e non solo perché cercano collezionisti
tra le file di calciatori e affini, ma per sincera e sanguigna partecipazione. Tuttavia,
per i più rimane quel senso di stupore incredulo e vagamente beffardo, che può solo peggiorare quando scoprono che ad appassionarsi di
calcio, e di Juve, è una donna.
Per fortuna, però, adesso, a Torino, è in corso una mostra interessante, che
forse può mettere in luce qualche aspetto, spiegare qualche ragione in più circa il
perché seguire una squadra di calcio, e la Juventus in particolare, possa toccare corde tanto profonde.
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Fino a
fine febbraio 2018 lo Juventus Museum ospiterà Black and White Times, una mostra sulla storia del logo della
Juventus da quel lontano 1897, in cui fu fondata, fino ad oggi. La curatela
dell’esposizione è affidata a Walter Veltroni (evviva! E per una volta non a Luca
Beatrice, lasciatemelo dire, con tutto il dovuto rispetto!).
Comunque, Veltroni da finissimo uomo di cultura e di
intelligenza qual è, ci regala una lettura veramente coinvolgente e profonda.
Sceglie infatti di mostrare l’evoluzione
del logo della Signora attraverso lo scorrere del tempo, delle epoche
che si sono succedute, portando l’attenzione su tutti quegli aspetti, quei
dettagli piccoli e grandi, che hanno fatto la storia personale e collettiva di
ciascuno di noi, o di coloro che ci hanno preceduto. In particolare, sono identificati dieci momenti storici.
Si parte
dal primo Novecento, all’epoca della Belle Époque e della fondazione delle Fiat,
si passa per le pagine buie che videro l’ascesa dei regimi totalitari, si
arriva poi al boom economico degli anni Sessanta e allo sbarco dell’uomo sulla
Luna.
Accanto a questi eventi storici, ci sono quelli culturali, dal volo dei fratelli Wright fino ai quadri di Picasso e Matisse, ma anche i mutamenti del costume, come l'avvento della tivù a colori e così via. Ne è passato del tempo da quando i nostri papà (e le mamme) sentivano le partite con la radiolina all’orecchio, le domeniche di
primavera, durante le gite fuori porta, per arrivare a noi, che seguiamo le conferenze
stampa di Allegri via app sul tablet o sullo smartphone.
Ma come
fa notare molto bene Veltroni, è proprio questa la cosa bella dello sport, e del calcio in
particolare: che attraverso la sua storia, leggiamo facilmente la nostra, e
lo facciamo in un modo particolarmente autentico, perché non filtrato dai
cliché intellettuali che spesso ci condizionano. Il calcio è magico perché entra nel mondo
reale, nel vissuto concreto di tutte le fasce sociali e i livelli culturali,
unendo trasversalmente, in sostanza, tutti quanti, come accade con poche altre
cose. E così facendo svela chi siamo, non soltanto per il nostro modo di tifare (e, perché no,
almeno noi tifosi, anche di perdere il controllo, nel bene e a volte purtroppo
anche nel male) e per chi scegliamo di tifare. Ma anche e soprattutto perché,
se andiamo a guardare come il calcio è stato recepito, tifato e vissuto nel
tempo, capiamo anche qualcosa della società di cui facciamo parte e in cui ci tocca
vivere e partecipare. E lo capiamo in un modo molto autentico, istintivo,
vitale. Ovviamente non c’è solo questo, c’è anche molto altro (fino alla
frittata di cipolle di fantozziana memoria e tutto il resto, vivaddio).
Ecco
perché Woody Allen sceglie di vedere il baseball, almeno credo. Oltre al fatto che si
diverte, naturalmente.
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In
particolare, poi, l’identità visiva di una squadra con una storia meravigliosa
e appassionante come la Juventus, può raccontare molte cose, a saperle e
volerle leggere. Dice, per esempio, che esiste qualcosa che è la storia, che è
importante e che dobbiamo conoscere, ma dice anche che, senza perdere la
propria identità, occorre sempre andare oltre e vivere il presente e evolversi.
Una capacità rarissima e preziosa, ai giorni nostri (magari la imparassero anche altri, nella cultura e nella politica, e in economia... sarebbe una gran cosa!).
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E così,
dalla Juve di Charles a quella di Boniperti, da Platini a Del Piero,
dall’Avvocato che sognava i sei scudetti consecutivi ad Andrea Agnelli, che
questo sogno lo ha realizzato, la storia della Juventus va di pari passo con la
storia dell’Italia e dell’Europa e nel contempo si rispecchia in quella della
sua identità visiva, dell’immagine, logo e marchio, che identifica la squadra.
Sarà banale, ma penso che forse la Juventus è sempre tanto forte, e vince, proprio perché sa e
ha saputo cambiare, sentire il tempo, nel senso dell’epoca. Negli anni, anzi,
nei secoli, ormai, è cresciuta e cambiata. Senza ostacolare il flusso delle cose,
senza irrigidirsi o resistere arroccandosi alle proprie certezze o miti del
passato, ma sempre cavalcando il proprio tempo.
Il recente cambio del logo, tra
le altre cose per me dice che, pur conservando nel cuore il passato, la Juventus
non smette mai di pensare al futuro e, forse più ancora, al presente, alle sfide e
agli stimoli non solo sportivi, ma culturali in senso lato, che il tempo in cui
viviamo ed operiamo per forza di cose ci propone e a volte, forse fortunatamente, ci impone.
E così,
dal primo scudetto del 1905 alla leggendaria trafila dei sei consecutivi degli
ultimi anni, fino alla nascita dell’agguerritissima squadra femminile (di nuovo evviva!), la
storia della Juventus progredisce di pari passo, come un controtempo musicale,
all’evolversi della storia, dell’arte, delle temperie culturali di un paese, di
un mondo che a sua volta si evolve e cambia. Trovandosi ogni volta di fronte ad una nuova
sfida, a un punto cruciale, come oggi accade non solo nel calcio, ma senza mai smettere di mettersi in gioco, qualsiasi cosa accada.
Così fa la Juve. E c’è da credersi che lo farà
sempre, sempre brillante e vincente. Fino alla fine.