Tra le mostre da non perdere quest’estate in giro per l’Italia
c’è senz’altro quella di Bill Viola a Palazzo Strozzi a Firenze. Il genio della
videoarte si mette in dialogo con opere di grandi maestri del Rinascimento
quali Pontormo, Masolino da Panicale, Paolo Uccello e Lukas Cranach.
In mostra ci sono una
serie di lavori video, o installazioni video-audio, realizzate nel corso di
vari decenni, in cui Viola reinterpreta alcune opere del Rinascimento italiano.
Così La Visitazione del Pontormo
(1528-29) diventa The Greeting (Il
saluto, 1996). Il toccante The Deluge - Going forth by day (Il diluvio - uscire al giorno, 2013) si accosta al Diluvio Universale di Paolo Uccello (1439-1440). E Il Cristo in Pietà di
Masolino da Panicale (1383/84) si specchia nel video Emergence (Emersione, 2002), con tutti gli slittamenti semantici del caso...
Non si tratta, come potrebbe apparire a prima vista, di una
semplice traslitterazione di un linguaggio pittorico antico, e un’iconografia
antica, secondo un’iconografia contemporanea e a noi familiare attraverso un
linguaggio tecnologicamente avanzato. C’è di più e io trovo questo di più
davvero appassionante.
Qualche anno fa, se avessi dovuto scrivere di queste opere,
avrei parlato di secolarizzazione, o di postmodernità. Oggi la vedo un po’
diversamente.
Le opere di Bill Viola sono straordinarie. Sono belle, nel
senso pieno e vero del termine, perché danno vita a immagini dialettiche.
E che cos’è un’immagine dialettica? Mi spiego.
Le figure delle opere di Bill Viola non sono semplici figure
emerse dal passato, sono di più. Sono immagini emerse dalla memoria. Personale
e collettiva.
Per Benjamin l’immagine
è reminiscenza e si situa al di là della contrapposizione tra un presente
dimentico di ciò che lo ha preceduto e un passato già compiuto e per sempre
archiviato. Per Benjamin l’immagine è dialettica perché prende su di sé le
contraddizioni, anche quelle tra passato e futuro e presente, ma non le vuole
appianare a tutti costi. Al contrario, l’immagine è il luogo in cui già – stato e adesso si incontrano. Non si tratta perciò di attualizzare o
secolarizzare le immagini, ma di risvegliarle.
Le opere di Bill Viola sono come la filosofia di Benjamin,
che voleva prendere la storia “contropelo”. Le figure che costellano le sue
opere non sono lì per caso. Sono le figure che fanno la nostra storia
culturale, quelle che incontriamo sul nostro cammino se ci mettiamo alla
ricerca della nostra origine. E l’origine (dice Georges Didi-Huberman parafrasando
Newman) è sempre adesso.
Se come vuole, in parte con Benjamin, Didi-Huberman, l’immagine
è da interpretare come Freud faceva con i sogni o con i sintomi, ecco che
allora rileggere l’arte del passato vuol dire riappropriarsi di qualcosa che ci
riguarda molto da vicino.
Vuol dire allenare l’occhio ad andare a scovare dove,
nel nostro vissuto quotidiano, la storia che ci ha preceduto si affaccia. Ed
ecco che le immagini si risvegliano, e il mondo attorno a noi diventa leggibile.
E, sorpresa, non resiste più agli sforzi dei nostri ragionamenti, ma diventa
più docile. Si lascia decifrare e ci dice cose che forse neanche ci aspettiamo.
Visitazione
Pontormo (Jacopo Carucci; Pontorme, Empoli 1494-Firenze 1557), 1528-1529 circa. Olio su tavola, cm 207 x 159,4. Carmignano, Pieve di San Michele Arcangelo. Foto Antonio Quattrone
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Non serve neanche dire perché una mostra di Bill Viola, un evento di questo calibro, è imperdibile. Bill Viola non si discute. Ma c’è anche dell’altro.
Questa mostra tocca un punto che a mio parere è fondamentale per l’arte del presente e del futuro che ci aspetta. E forse addirittura va a toccare qualcosa che non riguarda soltanto l’arte, ma proprio il nostro modo di stare al mondo. Oggi, nella nostra epoca.
Qualche giorno fa mi sono trovata seduta a un tavolino di un
caffè a cercare di spiegare il concetto di immagine e anacronismo in Didi-Huberman
a una persona che non l’aveva mai letto (né lui, né Benjamin, né Freud). Lì mi
sono resa conto di quanto sia difficile rendere comprensibili il più possibile
e al maggior numero di persone possibile concetti filosofici e della storia dell’arte
di una certa profondità.
La mia personale scommessa con il mondo è però che ampliare
il numero di coloro che si appassionano a temi e argomenti culturali, non solo
sia qualcosa di genericamente desiderabile, ma sia anche una prospettiva molto
più concreta di quello che si pensa.
La scommessa consiste, in poche parole, nel comprendere e
far comprendere perché certe opere d’arte, certi libri, certe riflessioni hanno
a che fare con noi, la nostra vita quotidiana, il nostro lavoro e le nostre
relazioni. Perché interessano tutto, e ci interessano tutti. E perché è un vero
e proprio godimento, e un’occasione per vivere la vita appieno, saper cogliere
il bello che ci circonda, e non solo quello naturale, ma anche quello che nasce
dal genio e dall’ingegno umano.
Chiaro che non è facile. Ma di certo una mostra come quella
di Bill Viola a Firenze aiuta.