Petrit Halilaj, Intsallationsansicht, Kölnischer Kunstverein 2015; Foto: Simon Vogel (immagine presa dal sito del museo) |
Non amando particolarmente la folla, il caldo e (ahimè!) le public relations, quest’anno non sono
ancora andata a vedere la Biennale di Venezia. Ciò però non mi impedisce di
prendere già qualche appunto sulle cose che vorrei andare a vedere, quando ci
andrò, dedicandovi una particolare attenzione.
Sperando di fare cosa gradita a chi mi legge, ne prendo nota
qui sul blog (un po’ l’ho già fatto con la mostra di Hirst).
Comincio da un artista che mi colpisce molto e che ho voglia
di approfondire.
Dando un’occhiata alla lista dei vincitori della Biennale diVenezia di quest’anno, ho letto con piacere che a giuria ha dedicato una menzione speciale a un
giovane artista di assoluto talento: Petrit Halilaj
Nato in Kosovo nel 1986, Halilaj, nonostante la
drammatica storia personale (fuggì ancora bambino dal suo paese d’origine a causa
della guerra) vanta una carriera che definire brillante è poca cosa.
Ha tenuto mostre personali in location prestigiose di tutto il mondo, tra cui - giusto per ricordarne un paio - il Kölnischer Kunstverein e l’Hangar
Bicocca a Milano nel 2015.
È inoltre tra gli artisti selezionati per il Premio MarioMerz promosso
dall’omonima Fondazione di Torino, giunta adesso alla seconda edizione (la
prima è stata vinta da Wael Shawky).
Petrit Halilaj, Intsallationsansicht, Kölnischer Kunstverein 2015; Foto: Simon Vogel (immagine scaricata dal sito del museo) |
Il suo lavoro indaga temi scottanti e attualissimi, che riguardano l’esperienza personale della guerra, l’identità culturale, i rapporti famigliari e così via.
A me piace di lui piace il tono non
compiaciuto, ma sempre vivo e sferzante. Mi piace il fatto che tocchi temi
importanti, ma mai in modo retorico, anzi. Mi piacciono le sue sculture che
appaiono come disegni tridimensionali nello spazio espositivo e tu hai l’impressione di
muoverti dentro un foglio di carta. Mi piace appunto come il suo lavoro si relaziona
con lo spazio espositivo e architettonico (e questa è una delle ragioni indicate dalla giuria di Venezia come motivazione per la menzione speciale). Personalmente poi, mi ha colpito la
sua partecipazione a una mostra al Museo Marino di Firenze, nel 2015 dedicata
al genio della patafisica Alfred Jarry – che io letteralmente adoro!