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Athena Vida, Deiknumena 2017 - foto di Beppe Giardino |
Quest’anno
la primavera è arrivata in anticipo di un giorno. Il solstizio è stato lo
scorso 20 marzo e proprio in quella data ha inaugurato la mostra di Athena Vida
(aka Gitte Schäfer) da Quartz, il piccolo ma prezioso spazio espositivo curato
da Francesca Referza, nel bel mezzo del quartiere Vanchiglia, a Torino.
Chiaro che la
scelta della data non è un caso. L’opera in mostra - che s'intitola DEIKNUMENA ed è pensata come un progetto site specific per lo spazio di Quartz - insieme con la performance
che l’ha accompagnata in occasione dell’opening, esalta infatti l’aspetto
rituale legato a quel giorno dell’anno solare in cui la durata del giorno e
quella della notte trovano un magico equilibrio e si sfiorano fino a quasi
coincidere.
Da quel
giorno in poi, giù fino alla fine di settembre, le ore di sole saranno via via
più lunghe. Inizia la bella stagione, quella della fioritura, della rinascita.
È il momento del polline, degli amori, il risveglio di una energia profonda, che
è anche – ma forse soprattutto - femminile.
E il lavoro
in mostra nel piccolo (ma intensissimo!) spazio espositivo appare
immediatamente come una sorta di rito, una struttura simile in tutto a quella
di un altare votivo dedicato a una dea difficile da identificare nello
specifico, fors perché racchiude in sé una serie pressoché infinita di
riferimenti e possibili rimandi.
Di primo
acchito la figura posta al centro delle quattro colonne di rame, alla cui
sommità sono posti alcuni rametti frondosi, fa venire in mente Demetra.
Demetra è
quella divinità grecoromana la cui figlia, Persefone, fu rapita dal dio delle
tenebre, Ade, che la sposò. Demetra era la divinità della natura, della
fioritura, delle messi rigogliose ma, racconta il mito, colei che soffrì così
tanto per la perdita della giovane figlia, da cadere in depressione. E insieme a lei anche
la natura sulla terra cadde in disgrazia. Con Demetra di pessimo umore non
c’era che carestia, vuoto, e nulla che fiorisse.
La cosa era
così tragica che Ade fu costretto a scendere a compromessi con Demetra.
Decisero che Persefone avrebbe passato metà dell’anno con il marito, negli
inferi, e l’altra metà sulla terra, con la madre. Così Demetra tutti gli anni
un bel giorno fiorisce e fa fiorire il mondo per lunghi gioiosi mesi, per poi
cadere nel buio di una sterile tristezza non appena Persefone si allontana di
nuovo da lei, all’inizio dell’inverno.
Athena Vida, Deiknumena 2017 - foto di Beppe Giardino |
Demetra è dunque divinità ciclica ed è per questo che nel lavoro di Athena Vida la statua (un objet trouvé) che la rappresenta (o meglio rappresenta la dea, il femminile in tutte le sue molteplici e variegate determinazioni) poggia su una macina che di fatto appare come un triangolo al cui interno è posta una ruota che gira, così come girano le stagioni, il tempo, il passare delle ore del giorno e della notte.
Ai piedi
della dea sono poi posti una serie complessa di piccoli oggetti votivi, tutti
con un loro significato simbolico: ci sono semi, erbe, pietre, fiori e frutti. È
la natura che si offre alla dea.
In occasione
dell’opening, e contestualmente del solstizio di primavera, Athena Vida ha poi
compiuto una breve performance, suonando le note di un’antica melodia con uno
strumento altrettanto antico, compiendo alcuni gesti rituali e infine offrendo
a tutti gli intervenuti un sorso di liquore di ciliegia, simbolo di
convivialità, purezza, fecondità e, di nuovo, rinascita.
Tutto
l’insieme altro non è che la celebrazione di un nuovo inizio, un inno simbolico
alla dea femminile che porta fioritura ed abbondanza. Una nascita che è prima
di tutto interiore e affonda le sue radici nella profondità della psiche e
nella complessità dei suoi simboli.
Athena Vida, Deiknumena 2017 - foto di Beppe Giardino |
Sarà per
questo che, entrando in galleria mi è subito venuto in mente un brano che lessi
qualche tempo fa in un libro di Clarissa Pinkola Estès, la psicanalista
junghiana nota per il suo fantastico Donne
che corrono con i lupi.
Il brano a
cui ho pensato però non era tratto da quel libro, bensì da uno successivo che
porta il titolo Forte è la donna
(edito in Italia da Frassinelli nel 2011). In quel testo la Estès racconta di
un uomo, in Sud America, che costruisce un altare dedicato alla Madonna di
Guadalupe nel giardino di casa della studiosa, su sua richiesta. L’uomo si
prende cura nei dettagli di questo altare, lavorando di concerto con la stessa
Estès, con pazienza e dedizione. Il suo agire, la cura, l’attenzione che porta
al lavoro e la carica simbolica del gesto stesso di erigere un ara votiva
rivolta di fatto al divino nella sua accezione femminile, avranno su di lui una
portata più che terapeutica, addirittura salvifica. Apriranno dentro di lui una
fonte di vita e di felicità prima insospettate.
Credo che il
senso del lavoro di Athena Vida esposto da Quartz abbia un po’ la stessa
funzione. E non solo per l’artista o per chi conosce il suo lavoro, ma anche
per chi, ignaro, si trova a passare per quella via, accanto alla cosiddetta
Fetta di Polenta, a Torino e vi scorge una celebrazione muta, ma piena di
simboli, di figure. Tutte cose che agiscono nel nostro inconscio in profondità
e che fanno un gran bene all’anima.
PS. Athena
Vida è il nome che l’artista,
precedentemente nota come Gitte Schäfer, ha scelto per inaugurare un proprio
percorso esistenziale prima ancora che artistico (ma le due cose difficilmente
possono essere separate) dopo aver conosciuto l’arte e il pensiero di
Jodorowsky. Classe 1972, nata a Stoccarda, Athena Vida attualmente vive in
Svizzera ed è nota sulla scena artistica internazionale da molti anni. È palese
che il nome è scelto con accuratezza di significato: Athena, la divinità greca
del femminile emancipato e pieno di iniziativa ed energia, e poi il rimando
alla vita.
La mostra
prosegue fino al prossimo 31 maggio, non perdetevela!