Tra le mostre attualmente in corso a Torino, mi è piaciuta particolarmente quella di Sergio Gioberto e Marilena Noro in corso da Alberto Peola. La ragione è curiosa.
Gioberto Noro, APERTURE n1, 2016, coutesy gli artisti e la galleria |
Capita nella
vita di fare degli incontri con piccole o grandi cose, eventi di piccolo o
grande conto nella realtà esterna che però sembrano echeggiare in qualche modo
nella nostra mente, o nella nostra anima, perché sembrano occuparsi proprio di
ciò che in quel momento ci passa per la testa. Jung le chiamava sincronicità,
per Leibniz forse erano effetti dell’armonia prestabilita. Io non so con
precisione in che modo si possano spiegare queste coincidenze significative, ma
mi accadono spesso. E, beh, con questa mostra mi è andata proprio così.
In questi
giorni sto rimuginando un paio di lavori, due o tre testi che vorrei scrivere e
che hanno per tema la fotografia. In particolare, uno dei temi che più mi
affascinano e di cui vorrei parlare, appunto, in un saggio, riguarda il
rapporto tra il tempo e la fotografia.
Ma la
fotografia è sempre, come pensiamo, qualcosa che coglie e eternizza l’istante
irripetibile? O c’è qualcosa d’altro, o qualcosa di più? Se osservo scopro che
c’è un tempo della fotografia, nel senso della presa del soggetto, e un tempo
della memoria, quello che la fotografia conserva. C’è poi un tempo narrativo,
diciamo così, della fotografia stessa: perché lo spazio che l’immagine disegna
può rivelare un percorso spaziale e dischiudere così un racconto.
Ecco,
Gioberto e Noro, nelle opere attualmente esposte da Peola, fanno i conti
proprio con questi temi.
Vediamo
come.
Come si sarà
capito, è una mostra fotografica. Ci sono due serie di fotografie: una serie in
esterno e una in interno.
Gioberto Noro, APERTURE #2, 2016, coutesy gli artisti e la galleria |
La serie di immagini in esterno ha per oggetto bellissimi angoli di sottobosco. Gli interni sono invece plaquette realizzate in studio e poi riprese in modo tale da sembrare spazi a grandezza d’uomo.
Qui la luce,
che è sempre naturale, disegna un percorso, un cammino, lasciando intuire una
sorta di spazio infinito, che pure non esiste nella realtà (ma esiste nel
racconto!). Nelle foto dei boschi invece pare prevalere una dimensione intima,
quasi magica.
Soprattutto,
sempre per quanto riguarda gli esterni, le opere sono il risultato di una serie
di scatti ripresi in intervalli di tempo diversi. La foto quindi mima un po’ la
visione reale, l’indugiare ora su un dettaglio ora su un altro. Non restituisce
l’attimo, l’hic et nunc (quel particolare hic et nunc), ma al contrario – e
anche se noi non ce ne accorgiamo - si dipana in un lasso di tempo, seppure
determinato. La foto ha insomma una durata.
Piano piano,
osservando e approfondendo, mi accorgo così che le immagini di Gioberto e Noro hanno
in sé tutte e tre le dimensioni temporali che la fotografia possiede. E, ciò
che conta più di tutto, ne sono consapevoli e le portano a tema.
Gioberto Noro, White cross, 2015, courtesy gli artisti e la galleria |
Le foto sono interamente concepite attraverso la nozione di durata: vuoi per la tecnica con cui le immagini sono realizzate, vuoi nel senso della visione e della concezione dello spazio che vi sottende, e che è sempre da intendersi nel suo rapporto con il tempo. Ciò che abbiamo di fronte è un’inevitabile percezione della memoria, dello spazio/tempo immortalato in un unico oggetto disponibile ai nostri occhi e ai nostri pensieri.
E infine, ovunque è presente una dimensione narrativa, uno svolgimento dello spazio, che si dispiega ai nostri occhi come progressivamente e, appunto, in un racconto.
Guoberto Noro, APERTURE #1, 2016, courtesy gli artisti e la galleria |
Fino al 23 dicembre 2016
GIOBERTO NORO - APERTURE
Galleria Alberto Peola
Via della Rocca 29, Torino
http://albertopeola.com