4 osservazioni en passant sulle Olimpiadi 2016 e le donne



Le Olimpiadi di Rio stanno appassionando le nostre giornate. E mentre molti di noi si scoprono ferventi tifosi di sport di cui fino a pochi giorni fa ignoravano l’esistenza, come sempre accade nell’occasione dei giochi olimpici, alcuni eventi qua e là suscitano riflessioni che vanno oltre l’aspetto puramente sportivo delle gare.
Dal punto di vista delle donne, ho notato un paio di questioni, anzi quattro. Eccole.


(immagine scaricata dal web)


1.      Le cicciottelle. Riguardava le arciere azzurre, ne hanno già parlato praticamente tutti e qualche testa è già caduta. Il problema è che qualsiasi uomo si sente in diritto di giudicare il corpo di una donna, indipendentemente sia da ciò che la donna sta facendo (una performance sportiva, in questo caso), sia dal… suo, di corpo. A parte il fatto che vivremo in un mondo finalmente evoluto il giorno che quando qualcuno parla di un argomento staremo a sentire ciò che ha da dire, indipendentemente se chi parla è maschio, femmina, gay, lesbica o trans. Ma poi, voglio dire, se siete come Johnny Depp qualche anno fa, magari tra di voi con gli amici al bar avete pure diritto di parlare. Ma se il vostro girovita somiglia al mio se tengo in braccio un’anguria anche no.

2.     La domanda di matrimonio in diretta. Le favole di una volta mettevano in guardia le fanciulle a non rifiutare quello che sembra un rospo, ché magari poi si rivela essere un principe. Quello su cui le favole dimenticavano di avvisare è il pericolo che quello che sembra un principe sia in realtà un rospo o, peggio, uno stalker o, ancora peggio, una specie di Alberto Sordi con gli occhi a mandorla. Senza esagerare o fare illazioni, occhio a ciò che succede. Lei vince l’argento in una competizione internazionale, presumibilmente dopo anni di duro lavoro. E lui che fa? Le ruba la scena e le chiede la mano in mondovisione, ottenendo così il duplice risultato da un lato di non lasciarla gioire autonomamente e in libertà per un suo successo personale, e contemporaneamente – forse – ricordarle che forse da domani sarà meglio che programmi la sua vita in maniera diversa (vedi gravidanze, figli, incombenze famigliari ecc. ecc.). Lei dice sì e piange (ah Freud!).

3.     La bandiera dell’Europa. Sarà un caso, o forse no. Ma la prima, e a quanto ne so, unica atleta che, salita sul podio, ha voluto mostrare la bandiera europea oltre a quella del suo stato, l’Italia, è la nostra spadaccina Elisa Di Francisca. Non so se è un caso che questo pensiero sia sorto in una mente femminile, non è in effetti importante. È invece importante e bello che si faccia strada, seppure con difficoltà, l’idea che l’Europa sia qualcosa a cui apparteniamo tutti e che ci appartiene. Un patrimonio morale e culturale di cui essere fieri e per cui, letteralmente, fare il tifo. Brava Elisa.


4.     Simone Biles. Un mito. Una giovane donna afroamericana, con alle spalle una vita non proprio facilissima, che si mostra piena di energia, fantasia e voglia di vivere. E che, soprattutto, fa quello che tutte le donne, che siano atlete o no, vorrebbero fare. Lei vola. A differenza di (quasi) tutte le altre però, non lo fa con la fantasia, o con progetti esistenziali di grande portata, però, no. Lei proprio vola, fisicamente volteggia nell’aria con infinita grazia sfidando le leggi della fisica e della gravità. E vince. Da prendere ad esempio, per l’impegno, per il coraggio e per la personalità. E poi, almeno come metafora, perché vola.