Pubblico qui il testo in catalogo per la mostra L'Or Gris di Aurore Valade che ho curato per Gagliardi Art System a Torino. La mostra ha inaugurato giovedì scorso e proseguirà fino al prossimo 27 aprile 2013. Alcuni lavori in mostra saranno presentati dalla Galleria nel corso della fiera Art Paris 2013. Buona lettura.
Aurore Valade, Henry and Marie forever, 2013. Courtesy l'artista e Gagliardi Art System
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La curiosità e il coraggio
“I vecchi dovrebbero essere
esploratori” T.S. Eliot
“We live just for these
twenty years. Do we have to die for the fifty more?” David
Bowie
I lavori di Aurore Valade sono opere da leggere. Bisogna essere curiosi,
lasciar scorrere lo sguardo sull’immagine nel suo insieme e poi scendere nei
dettagli, indagando i particolari. Proprio come quando si legge un libro.
Tale premessa è a mio parere molto utile per conoscere il lavoro di questa
promettente artista, le cui opere vanno ben oltre il mero scatto fotografico e
si configurano come veri e propri quadri: o tableaux,
per usare il termine nella lingua madre di Valade, che ben esprime la loro
complessità compositiva e di realizzazione, sia a livello tecnico, sia
progettuale.
Avvicinandosi alle opere, quindi, prendiamoci il nostro tempo e dedichiamo
loro la dovuta attenzione. Leggiamo le scritte, studiamo le pose, le geometrie,
i rimandi: perché in queste immagini nulla è casuale, tutto parla, attende di
essere interpretato.
Architetture, spazi, oggetti, personaggi e volti si muovono all’interno di
una comune armonia compositiva: sono come lo sguardo e i tratti di un viso, le
cicatrici e i segni dell’età che narrano i diversi momenti della vita e della
storia personale in un unico volto, che si rivolge a noi, come voleva Lévinas,
con l’impellenza di una domanda esistenziale tanto urgente e profonda quanto
inaggirabile.
Per questo progetto espositivo Aurore Valade ha scelto come filo conduttore
un argomento inconsueto e coraggioso: la
terza età. Forse mai come in questo caso le immagini fotografiche si
configurano come una “teoria”: nel senso di sequenza, ma anche di riflessione
che porta ad un esito, stimolando nuove
domande e portando a tema nuove questioni.
Più in generale, com’è noto, quello della terza età è oggi un argomento
molto attuale. Se da un lato si parla di un progressivo aumento della longevità
della popolazione, soprattutto in Occidente, d’altro canto è sempre più sentita
la necessità, se non l’urgenza di un ricambio generazionale ai vertici delle
istituzioni, e non solo.
Secondo un rapporto presentato nel gennaio del 2013 dalla Comunità di
Sant'Egidio e pubblicato dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione
(UNFPA) e dall'associazione HelpAge International, nel XXI secolo gli anziani
cresceranno in maniera esponenziale rispetto al numero di adulti e bambini, e
questa trasformazione non potrà che cambiare radicalmente l’attuale assetto
sociale. Tali considerazioni aprono insieme una serie di problematiche
(l’accettazione dell’invecchiamento del corpo e della mente, la previdenza
sociale ecc.) e di possibilità (l’anziano diventa per molti versi una risorsa
per il paese, dal punto di vista economico e sociale): insomma la terza età è
un argomento da cui oggi diventa difficile prescindere e con cui occorre fare i
conti, senza cadere in facili clichés o qualunquismi.
Il titolo del progetto allude al fatto che la terza età si rivela
addirittura, da un certo punto di vista, come una sorta di novella età
dell’oro: un oro grigio, appunto, secondo l’espressione in uso in Francia per
identificare il potenziale sociale - e a volte anche economico - che le persone
anziane oggi rappresentano per la collettività.
Inoltre, se intendiamo la vecchiaia come l’epoca della saggezza, del declino
e del tramonto, l’argomento può però essere letto anche da un altro punto di
vista e farsi metafora di questioni molto più ampie, che riguardano la società,
la storia o addirittura il destino, per usare una terminologia filosofica,
della nostra società occidentale.
Così quando, soprattutto riguardo all’Europa, si parla di Vecchio
Continente, si usa una metafora molto vicina alla realtà.
Ma di che tipo di vecchiaia si tratta? Di quale fine e di quale declino
stiamo parlando? Com’è ovvio, qui in gioco c’è molto più della vecchiaia
personale e privata di ciascuno: intuiamo la presenza di qualcosa di insieme
più vago e profondo, che ha da fare con lo spirito, per dir così, del nostro
mondo attuale, con le sue prospettive e le possibili chances. Questa intuizione
è molto viva nel progetto di Valade, che sviluppa l’argomento in maniera
puntuale e attenta, a volte drammatica, ma mai priva di una certa ironia.
Così, in altre parole, ci accorgiamo che le sfumature del grigio - o meglio
dell’oro grigio - sono molto più di cinquanta e toccano tematiche a cui tutti
siamo, volenti o nolenti, sensibili.
Il riferimento al popolare romanzo erotico[1] è ovviamente ironico, ma non fuori luogo, perché la
tematica dell’amore e dell’erotismo, vivissimo, è molto presente in questo
progetto espositivo, e non si tratta certo di un
caso.
Si pensi ai due lavori realizzati nel corso della residenza presso il
Castello di La Napoule, Clews Center for the Arts (Henry & Marie Forever I e II):
una coppia di amanti anziani è ritratta in due occasioni, sempre travolta dalla
passione. In un caso i due sono abbracciati al centro di una stanza bianca con
al loro fianco un’opera che ritrae a sua volta un atto amoroso. È un’opera
appunto di Henry Clews, artista una volta proprietario del castello, il cui
fantasma si dice aleggi ancora per le antiche stanze, innamorato perdutamente
della sua Marie. Nell’immagine leggiamo i nomi di Henry e Mary scolpiti sulla
porta di legno – una porta antica, sprangata, chiusa, come il tempo o
l’intimità del momento - insieme ad altri simboli sessuali e amorosi. Nella
seconda immagine la coppia si trova invece in un luogo più difficile da
definire: stanza da letto? chiesa? aula di studi? o luogo sacro, come le alte
volte sembrano indicare? I due qui sono seduti, in atteggiamento
inequivocabile, tra oggetti che evocano simboli fallici. E due conigli.
Secondo un’antica simbologia, se un’opera d’arte raffigurava un solo
coniglio, l’artista voleva intendere la purezza e la castità matrimoniale.
Quando però i conigli erano due, l’allegoria era assai più profana: il rimando
esplicito era all’amore erotico, alla libido. Anche qui sesso, quindi,
passione, senza fraintendimenti.
Insomma, non è l’immagine della vecchiaia che ci si aspetterebbe: qui
domina la gioia di vivere, la celebrazione della libertà di esprimersi e una
voglia di esperienza che sfida il tempo e la biologia, alla ricerca di nuovi
modi di essere se stessi.
Aurore Valade, Les deux frères, 2013. Courtesy l'artista e Gagliardi Art System |
Capiamo allora che, come scrive lo psichiatra junghiano James Hillman,
“scoperte e promesse non appartengono soltanto alla giovinezza: la vecchiaia
non è esclusa dalla rivelazione”[2].
Ma di che rivelazione si tratta? La rivelazione cui Hillman allude è la
messa in luce della pienezza del carattere personale e della sua forza, e qui
l’ipotesi è tanto più interessante se manteniamo il doppio livello di lettura:
la vecchiaia di cui si parla non è (solo) quella personale, ma anche (e
soprattutto?) quella di un mondo e di un’epoca. La nostra.
Tuttavia, quale che sia il piano interpretativo che decidiamo di tenere,
dopo la rivelazione e la scoperta, occorre fare il passo successivo. C’è
infatti un momento in cui, tanto nella vita privata che in quella pubblica,
occorre smettere di pensarsi all’inizio di un percorso, e bisogna sentirsi
adulti: prendere in mano la propria vita e conquistare quello che ci spetta. È
un problema che tocca una generazione di giovani europei, molto profondamente,
tra precariato e cliché imposti dalla società e dai media. Ma come fare?
Masques de vieillesse (maschere di vecchiaia) mostra bambini che
giocano a fare i vecchi, con sui volti maschere carnevalesche (o mortuarie?).
Tra (psico)dramma e metafora di una dinamica necessaria e vitale, i bambini
giocano in realtà con il tempo, con il mistero. Tutto cade, qualcosa si rompe,
qualcosa resta a mezz’aria: qualche bambino inciampa, va per terra e impara che
la vita è fatta anche di momenti in cui si cade. E poi ci si rialza.
A questo punto, per quanto concerne l’aspetto compositivo e stilistico,
dalla lettura dei lavori emergono due fattori decisivi: il primo è la scelta,
da parte dell’artista, di attingere, rispetto alle opere precedenti - più
intense dal punto di vista cromatico e più felliniane nella composizione -, a
una tavolozza molto più delicata, fatta di toni pastello, delicati e puliti. La
scelta del bianco (o piuttosto un bianco/grigio) come dominante rimanda a un
significato simbolico: il bianco è il non colore che tutti i colori annulla e
che tutti li contiene. Una sorta di alpha e omega di tutte le possibili cromie.
Risalta poi l’attenzione alla componente architettonica. Nel lavoro sulla
maternità, ad esempio, le architetture disegnano il ritmo compositivo del
lavoro in una maniera quasi rinascimentale, evocando alla lontana certe opere
di Piero della Francesca. Qui un’architettura in costruzione fa da contrappunto
alla donna in attesa, non giovanissima e, in modo un sarcastico, un palloncino
gonfiato, sullo sfondo, ricorda mammelle animali.
Una esplicita e ficcante citazione dell’iconografia classica è presente nel
lavoro dedicato al tema della Carità
Romana, dove la simbologia antica si sposa a perfezione con un’ironica
interpretazione del tempo presente: nella metafora, il vecchio continente si
allatta a una pietosa e generosa giovane donna di colore, simbolo dei paesi
emergenti.
In un altro lavoro un vecchio tiene in braccio un bambino, simile al
celebre Vecchio del Ghirlandaio,
mentre sullo sfondo un gioco di architetture antiche e moderne scandisce il
ritmo volutamente anacronistico del lavoro.
Aurore Valade, Eaux du Monde, 2013. Courtesy l'artista e Gagliardi Art System
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La contrapposizione di tempi e spazi, o architetture che si fanno luoghi
simbolici e astratti, è ancora più evidente in Epoca. Qui un gruppo di
persone anziane, in un ambiente futuribile, siede intorno a un classico busto
di Platone. Sullo sfondo alcuni bambini giocano con una babysitter dai capelli
vistosamente bianchi, mentre una donna in primo piano tiene in mano una copia
del giornale L’Epoca di un tempo
passato, lasciando allo spettatore il compito di interpretare l’immagine: di
cosa si tratta? eterno ritorno? anacronismo? ironia?
Analogamente Eaux du monde (Le
acque del mondo, realizzata nel corso di una residenza di Valade a Bordeaux)
mostra un gruppo di eleganti persone anziane invitate a un evento mondano, in
alto i calici. A ben guardare scopriamo che si tratta di una degustazione di
acqua, non di vino, come ci si aspetterebbe: sintomo dei tempi e dei
cambiamenti epocali che ci attendono, in cui l’acqua diventa merce rara e
preziosa e fa già tendenza sceglierne la marca, il tipo, la qualità.
In altri lavori, come in particolare nelle due opere che ritraggono coppie
di gemelli anziani, il tema della terza età diventa riflessione sul tempo che
scorre, sulla storia personale e su come la vita ci cambia e ci trasforma,
senza che quasi ce ne accorgiamo. Le coppie di gemelli, entrambe monozigote (in
un lavoro è presente il rimando a questo concetto con delle uova poste sul
pavimento, sullo sfondo), nascono con volti identici: ma la vita li cambia e
storie diverse si leggono nelle espressioni dei loro occhi, sui loro volti,
corpi, abiti. Qui lo sguardo di Valade si fa più introspettivo, delicato,
intimo.
In un altro lavoro una donna anziana, che si regge a un bastone, accudisce
la figlia malata. La donna più giovane tiene un fiore in mano e vi fissa gli
occhi, forse cercando di evocare una bellezza perduta, come faceva un
personaggio di Kundera[3]
tenendo stretto in mano un fiore in mezzo alla folla ostile di una metropoli.
In alto, a muro, piatti un po’ kitsch e un macabro orologio nero sembrano
segnare una croce. Forse per ricordarci purtroppo che a volte le cose non vanno
come vorremmo, a questa foto manca il “lieto fine”: se non nell’allusione alla
bellezza e alla poesia che resistono, testimoni (speriamo) del futuro possibile
più ancora che del passato alle nostre spalle.
Viene in mente ancora James Hillman quando, citando Roland Barthes, distingue il tempo, chronos, della biologia e il chronos
della passione e sottolinea come nei lavori dell’ultimo Rembrandt “le
devastazioni rappresentate non sono tanto l’effetto del tempo che passa quanto
del pathos della vita”[4].
Se secondo Lévinas l’età plasma il volto, tracciando sul viso quella
“domanda” così vincolante e imperativa alla responsabilità e alla solidarietà
del prossimo, in questi lavori il corpo assume la stessa funzione: narra una
storia, è parte di quei visi, di quelle facce, si mostra e interroga, chiama in
gioco. È così che la vecchiaia, ancora secondo Hillman “trasforma il corpo in
una metafora”[5].
Tuttavia occorre tener presente che, sempre seguendo lo psichiatra nella
sua riflessione, invecchiare “non è un
accidente. È una necessità della condizione umana; ed è l’anima a volerlo”[6]. In altre parole, il fatto stesso che la
vecchiaia esista testimonia come lo scopo dell’essere umano e della sua vita
debba necessariamente porsi oltre la mera capacità operativa, riproduttiva e
funzionale della persona e del suo corpo. Insomma, la natura prevede un
periodo, lungo, della vita il cui senso, in una società marcatamente
consumistica come la nostra, può sfuggire. Eppure se questo tempo esiste, un
senso ci deve essere e non può essere di poco conto.
Senza dimenticare che la vecchiaia di cui qui si parla è anche e
soprattutto quella del nostro mondo e dei nostri modelli sociali, possiamo
allora provare a pensare questo tempo dell’anima come luogo dell’essenzialità,
dell’essere costruttivi e autentici, e soprattutto, come per i greci voleva il
dio Saturno, come luogo di evoluzione e di cambiamento. In altre parole, è
questo il tempo di diventare ciò che siamo, parafrasando Nietzsche, senza raccontarci
più né favole, né scuse, né farci illusioni.
Come sembrano voler suggerire molti lavori in mostra, non sono dunque i
vecchi a dover essere allontanati o “rottamati”, ma le idee vecchie, che ci
invecchiano e logorano corpo e spirito: è lì che si gioca il vero rinnovamento
e la realizzazione dei nostri sogni.
Così, in questo implacabile Zeitgeist
la domanda profonda e urgente, che ci tocca inevitabilmente tutti e che i volti
delle immagini di Valade paiono porre, ha a che fare con il chiedersi onestamente:
adesso, “rispetto a ciò che realmente sono, dove mi trovo?”[7].
E la risposta non può essere che una spinta a cambiare, evolversi, consapevoli
del proprio tempo, privato e condiviso, alla ricerca di nuovi e magari inattesi
modi di essere. Seguendo il chronos
della passione e non quello meramente biologico.
Per giungere a questo - sempre seguendo Hillman, e come suggeriscono le
immagini in mostra - dobbiamo però essere capaci di lasciarci coinvolgere senza
riserve nei fatti della vita, con curiosità e coraggio[8]:
ci vuole “la forza di abbandonare le idee vecchie per abbandonarsi alle idee strane,
attuando uno slittamento del significato e dell’importanza degli eventi che
temiamo.”[9]
Insomma, tanto nell’arte, quanto nella vita, ci vuole il coraggio di essere
curiosi.
Maria Cristina Strati
[1] Il riferimento è al romanzo Cinquanta
sfumature di grigio, di E.L. James, molto famoso in Italia nell’estate del
2012