Un mio breve testo per accompagnare la video animazione di Maurizio Bongiovanni Liquid Knights.
Il video fa parte della mostra As we may think, visitabile presso la Galleria Uno+Uno, a Milano, fino a metà gennaio 2013
“La debolezza è potenza, e la forza è
niente. Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido,
così come l'albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e
secco, muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e
flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza, ciò che si è irrigidito
non vincerà”
(dal
film Stalker, di Andrej. A.Tarkovskij,
1979)
Liquid Knights (i cavalieri liquidi) è un’opera di video animazione di Maurizio Bongiovanni che ha come argomento i miti e i riti antichi della mafia in Italia. Nel lavoro le immagini sono accompagnate da un sottofondo musicale ripetitivo e ipnotico, che colora il tutto di un’ironia pervasiva e un po’ inquietante, mentre figure e colori si susseguono vorticosamente, con un andamento evidentemente narrativo.
Come racconta il mito - reso popolare per la prima volta da Roberto Saviano nel 2010 in una nota trasmissione televisiva - anticamente tre giovani cavalieri dal nome di Osso, Mastrosso e Carcagnosso partirono dalla Spagna per giungere nel Sud Italia, dove fondarono rispettivamente Cosa Nostra, la Camorra e la ‘Ndrangheta. Il video sviluppa la vicenda in maniera sincopata, come a voler produrre in chi guarda un incantamento, catturando l’attenzione.
I cavalieri sono liquidi: ciò significa che l’effetto delle loro azioni sembra inarrestabile, pervasivo, incontrollabile. Il mito, come l’inflessibile ritualità di un’antica tradizione, appare simile a una formula magica che ambisce a spiegare il mondo, riducendo gli attriti, spegnendo i dubbi, le inquietudini, le incertezze. Come però facilmente accade con tutto ciò che sembra rappresentare un punto di riferimento insindacabile, un dovere acquisito per forza o un puntello a cui aggrapparsi per orientarsi o compiere delle scelte nelle difficoltà dell’esistenza, la fascinazione del mito che incatena e incanta svela però presto la sua perfida insidia: il suo essere nient’altro che una manipolazione, tanto liquida e evanescente al principio, quanto ingannevole e malevola nei suoi effetti.
Ciò che sembrava un rifugio o una protezione dal male cambia allora improvvisamente faccia e si trasmuta in un luogo senza via d’uscita e senza libertà, dove la creatività e la vita sono negate, calpestate, spente. Le immagini conclusive del video narrano così una cupa visione di morte: fino al violento finale, dove ogni figura è risucchiata via con un colpo secco, come catturata dalla mano invisibile di un direttore d’orchestra che ordina la fine improvvisa e senza stacchi di un’esecuzione.
Il video ha poi anche un secondo livello di lettura, che riguarda la composizione formale del lavoro. Tema fondamentale è qui la messa in discussione dello statuto dell’opera d’arte. La pittura in particolare trova nell’animazione una dimensione alternativa, più leggera e disincarnata, ma viva e palpitante. L’opera così si mette in gioco, si apre a un dialogo continuo e costante. Proprio accettando di trasformarsi, modificarsi, persino fraintendersi, ritrova se stessa più ricca e vitale: come fosse sotto l’effetto di una magia, che però non cattura e imprigiona, ma scioglie i lacci e libera la fantasia da ogni rigida catena metafisica.
Maria Cristina Strati
Video © Maurizio Bongiovanni
Testo © Maria Cristina Strati