Le interviste_ mostra ottobre 2011_ ESPOARTE e ARTESERA

Articolo di Viviana Siviero, più intervista a me e Simone Ferrarini
Su Espoarte on line del 19 ottobre 2011



Simone Ferrarini. “I buoni e i cattivi. Non tutto è come sembra”…
INTERVISTA A SIMONE FERRARINI E MARIA CRISTINA STRATI
di Viviana Siviero

TORINO | Fusion Art Gallery
21 ottobre – 25 novembre 2011

I buoni e i cattivi: un album di Bennato, una canzone di Pino Daniele, un libro che parla di batteri; da oggi anche la nuova personale di Simone Ferrarini, firmata da Maria Cristina Strati e presentata da Fusion Art Gallery di Torino. Il giovane e geniale artista emiliano, vero e proprio creatore di idee che generalmente vengono realizzate attraverso un pennello vigoroso, rapido e caparbio, questa volta le opere le appende al soffitto; 16 tele di grandi dimensioni, per un’esposizione da cui dobbiamo aspettarci di tutto. A partire dal ritratto di Marcello Micheluzzi, ricordato (da pochi) come bandito ma anche inventore della sega circolare, per passare attraverso miti del cinema, della musica e dell’arte, tesi fra il chiaro e lo scuro dello sfondo e dei quali è impossibile affermare con certezza se appartengano ad uno schieramento oppure ad un altro perché, come è noto e come afferma l’assioma della mostra: “non tutto è come sembra!”

Viviana Siviero: Maria Cristina Strati, ci racconti la mostra per filo e per segno?
Maria Cristina Strati: No che non te la racconto! Vieni, anzi venite a vederla… è una mostra spettacolare. Ti dico solo questo. Stavo notando proprio adesso come negli ultimi mesi a Torino hanno inaugurato almeno cinque mostre sul tema del nero, del buio, del male e del nulla. Tutte nello stesso momento. Ecco, no. In questo caso è tutta un’altra faccenda. Questa è una ventata di energia.

Simone Ferrarini, ci racconti la mostra e ci parli del significato rinnovato della pittura che emerge dalla tua poetica?
Simone Ferrarini: La mostra si pone come ci fossero due vecchi che se ne stanno seduti davanti al bar a giudicare tutti quelli che passano e dicono ad esempio: «la Strati e la Siviero? Quelle lì son due “tipe” stravaganti, non sono mica tanto delle brave ragazze?». Ed è importante visitare la mostra con questo stesso spirito, severo, attento e pettegolo.

Maria Cristina, cosa fa Ferrarini, come lo fa e perché?
Dipinge, ha idee. Lo fa bene. Perché lo faccia non lo so, ma lo fa per fortuna!

Ferrarini, cosa fai, come lo fai e perché?
Per quanto riguarda la pittura non faccio che fare quello che faccio dall’età di due anni: pitturo come mi viene; il livello celebrale è rimasto quello, con il risultato che non ho alcuna preoccupazione rispetto all’effetto pittorico e posso concentrarmi su quello che racconto.

Maria Cristina chi sono i cattivi?
I buoni. O no? Aspetta, adesso mi confondo anche io…

Ferrarini chi sono i buoni?
Quelli più arrabbiati e quindi i cattivi.

Maria Cristina ci dici qualcosa di Ferrarini dopo aver condiviso con noi le tue idee sul ruolo dei giovani artisti in Italia?
Beh, Ferrarini non è mica giovanissimo…




Ferrarini che cosa ci dici dell’oggi e della sua morfologia attraverso il tuo medium? Perché dovremmo venire a vedere la mostra? Ci dici qualcosa di Maria Cristina dopo aver condiviso con noi le tue idee sul ruolo dei giovani curatori in Italia?
Sono cresciuto in una terra dove i buoni e i cattivi (comunisti e/o democristiani) si trovavano in piazza per litigare ferocemente mentre consumavano un bianchino insieme e, ovviamente, litigavano anche perché uno voleva offrirlo assolutamente all’altro. Il mio piccolo medium vuole riproporre questa contrapposizione da piazza che oggi si è trasferita sui grandi media perdendo l’aspetto più sano: discutere e conoscere. Al visitatore chiedo di venire giù, in piazza, a farsi una sana litigata. La curatrice, al di là della mostra, sta tentando (forse inconsapevolmente) di trasmettermi l’amore per l’arte, cosa fondamentale per costruire e innovare.

Maria Cristina quali sono le tue linee curatoriali, cosa ti ha portato a scegliere Ferrarini per gli spazi della Fusion e come hai accordato il suo animo col genius loci che lo ospiterà?
Di solito scelgo artisti che hanno un progetto e una personalità definita: mi piace lavorare insieme alle persone e su idee originali, autentiche, e potermi confrontare. Non sempre è possibile, ma in questo caso lo è stato. Grazie a Walter Vallini, il gallerista, alla Fusion sapevo di avere libertà espressiva in ogni senso, fuori anche da certe rigidità proprie del sistema dell’arte, quindi ho pensato che fosse il luogo ideale per fare qualcosa con un artista libero come Simone.

Ferrarini, l’allestimento sarà buono o cattivo? Ci spieghi dove saranno collocate le opere?
L’allestimento sarà ovviamente cattivo: ho sradicato le tende della galleria e le ho utilizzate per dipingervi sopra; fatto questo non le abbiamo rimesse naturalmente al loro posto, ma fatte calare dal soffitto in modo da stravolgere lo spazio e costringere l’osservatore a mischiarsi tra i buoni e i cattivi.

Maria Cristina come è nato “l’effetto soffitto”?
Mentre studiavamo l’allestimento non riuscivo a togliermi di mente l’opera di Martin Creed del 2002 (credo) A large piece of furniture partially obstructing a door… tanto per intenderci sull’effetto che abbiamo voluto creare!

Per entrambi: progetti per il futuro? E quelli della galleria?
Maria Cristina Strati: Il mio sogno sarebbe aprire una pasticceria, ma costa troppo, oppure scrivere favole, che non costa niente, ma non paga nemmeno! Quindi per il momento ho solo diversi progetti di mostre e altre cose in ambito artistico, sia con Fusion sia con altri spazi espositivi.
Simone Ferrarini: Spero di riuscire a realizzare entro l’autunno il video/animazione per una canzone su “la sbronza dainformazione” del cantautore Luca Serio Bertolini.

Simone Ferrarini - I buoni e i cattivi. Non tutto è come sembra
A cura di Maria Cristina Strati
Fusion Art Gallery
Piazza Peyron 9/g, Torino
Info: +39 335 6398351
info@fusiongallery.it
21 ottobre – 25 novembre 2011

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Articolo uscito on line su Artesera il 24 ottobre 2011. Un mio testo sulla mostra e un dialogo o intervista reciproca con l'artista



I buoni e i cattivi. Non tutto è come sembra.
24 Ottobre - testo di Maria Cristina Strati


Giovedì scorso si è inaugurata a Torino, presso Fusion Art Gallery in Piazza Peyron 9/g, I buoni e i cattivi. Non tutto è come sembra la mostra personale di Simone Ferrarini, con la mia curatela. La mostra si suddivide in un percorso articolato: all’inizio lo spettatore è accolto nel Limbo dal ritratto di una gigantesca foto segnaletica di Marcello Micheluzzi, rapinatore di banche degli anni venti nonché inventore della sega circolare (quindi buono o cattivo?). Poi il percorso si dipana nelle due sale della galleria: una dedicata ai buoni, l’altra ai cattivi. Da un lato Yoko Ono, san Francesco, il cervello umano e l’italiano medio (buoni). Dall’altro lato il cuore, Muttley (vi ricordate La corsa più pazza del mondo di Hannah e Barbera?), i Beatles e “La mamma artista visiva” (ovvero: una giovane donna precaria che nonostante tutto decide testardamente di mettere al mondo una o più creature…). Questi ultimi ovviamente sono i cattivi. O forse no?
La mostra si gioca su due piani: a livello del concept ha una fortissima carica ironica, che intende sovvertire il modo comune di pensare secondo cliché e stereotipi. Poi, ma vivissimo e preponderante, c’è il piano di lettura che mette al centro di tutto la pittura e il gesto pittorico in tutta la sua energia e espressività. E qui Ferrarini dà il meglio di sé, scivolando come uno snowboarder tra i due livelli. Da un parte c’è l’intelligente ironia, graffiante, irriverente e di più immediata percezione. Dall’altra, in una maniera che meno spavaldamente si offre allo sguardo, c’è la forte intensità poetica, dai toni insieme sorprendentemente delicati e appassionati, e che si gioca tutta nel modo in cui il colore è a volte steso, altre dato o gettato, o ancora interpretato, fino a comporre figure di straordinaria vivacità espressiva.

La mostra prosegue fino a dicembre. A inizio dicembre, in data ancora da programmare (ma vi avviseremo!!) è previsto un evento, con probabile intervento da parte di altri artisti. Stay tuned!

Dialogo a due voci tra Simone Ferrarini e Maria Cristina Strati:

MCS: Questa mostra è nata da un vero e proprio work in progress, che (tu come artista e protagonista, e io come curatrice) ci ha tenuti impegnati per mesi e che, almeno per me, è stato molto divertente e gratificante. Sei soddisfatto del risultato? Come racconteresti la mostra al pubblico torinese? Perché gli consiglieresti di vistare la mostra?

SF: Come nel work in progress anche la mostra mantiene una caratteristica ben precisa: il dialogo. Il visitatore si troverà davanti ad un argomento, ‘buoni e cattivi’, tutto da discutere, dove ci sono cose che vanno bene e cose che non vanno bene a seconda dell’idea del visitatore. Il secondo motivo per cui, secondo me, è da vedere perché è una mostra di pittura, null’altro che di pittura.

MCS: Qual è il tuo cattivo preferito e perché? E il tuo buono preferito?

SF: Il cattivo è Picasso che fa il madonnaro durante il regime di Franco perché è un gran bel consiglio rivolto a tutti i pittori, artisti e critici che hanno voglia di difendere la cultura. Il buono preferito è, ovviamente, l’italiano medio perché è il più tartassato di tutti. E i tuoi preferiti quali sono?

MCS: Io condivido su Picasso, mi piace proprio il lavoro, come lo hai sviluppato e reso dal punto di vista visivo. Il buono che preferisco è Yoko Ono, per la stessa ragione e anche perché mi è simpatica lei.
Ma torniamo a te. Il tuo lavoro è pittura per essenza. A che cosa serve la pittura e a che cosa vorresti servisse? (mi riferisco alla nota frase di Picasso: la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti ecc…). A mio parere da un lato c’è il rapporto tra arte e contesto sociale, dall’altro quello tra arte e poesia. Come si coniugano secondo te questi due aspetti?

SF: La pittura da secoli e tutt’oggi può stare dappertutto, nelle gallerie, per strada, sui manifesti, sui muri, etc. Sta ai pittori usarla in tutta la sua potenza e in tutti i luoghi possibili. E i critici come si posizionano rispetto al contesto sociale? Che potenzialità hanno?

MCS. I critici vecchio stile secondo me nessuna potenzialità, o quasi. Come i giovani critici che si aggrappano a realtà ormai sorpassate atteggiandosi tuttavia ad innovatori. C’è da rinnovare. Comunque tutto si gioca nella capacità di pensare cose nuove, con coraggio e onestà.
Oggi però la pittura ha la fama di essere un linguaggio artistico più commerciale, spesso meno “serio” ed impegnato di molta arte installativa e concettuale. Tu che cosa pensi di questo punto di vista?

SF: Penso sia una valutazione sul commerciale più che altro un argomento superfluo: meglio preoccuparsi se un lavoro sia valido o faccia schifo piuttosto che perdersi sulla categoria linguistica. Tu invece cosa ne pensi?

MCS: Io della pittura penso bene, se no non ti chiamavo per fare una mostra, ti pare?