La natura alchemica del lupo

Testo in catalogo per la mostra personale di Giuseppe Polverari ai Magazzini Criminali di Sassuolo in occasione del Festival di Filosofia di Modena.
Inaugurazione il 16 settembre 2011





La natura alchemica del lupo.
Il lavoro di Giuseppe Polverari tra installazioni, ricerche, storie e soprattutto pittura



“Chiunque sia ancora sveglio alla fine di una notte di storie, sicuramente diventerà la persona più saggia del mondo” (C. P. Estés, Il Giardiniere dell’Anima, trad. it. Frassinelli 2003)


La ricerca di Giuseppe Polverari si articola intorno a temi di carattere filosofico, spirituale ed esistenziale che spaziano dal sentimento del sacro all’alchimia, con espliciti rimandi iconografici alla storia dell’arte occidentale classica. Tuttavia, nonostante la quasi sovrabbondanza di riferimenti culturali e letterari, il tratto caratteristico del suo lavoro si trova proprio nella dimensione di genuinità e semplicità che ne costituisce insieme il nocciolo più profondo e il primo livello di comunicazione empatica con il pubblico.
Questa mostra in particolare, s’inscrive nel contesto di un’edizione del Festival di Filosofia di Modena che ha come filo conduttore il tema della natura. Qui Polverari presenta un progetto pensato come indagine di varie possibili declinazioni semantiche della tematica. Il percorso espositivo si compone di alcuni lavori installativi di carattere marcatamente concettuale, dagli accenti vagamente poveristi, più un dipinto su carta di grandi dimensioni.
Il riferimento che muove e motiva la lettura dell’artista è il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi, e la scelta non è affatto casuale. Così come Francesco enumera in versi, ringraziando ad ogni passo, le diverse manifestazioni naturali, dal sole che dà la vita fino alla morte del corpo, disegnando una completa e armonica visione del mondo, questo progetto espositivo si presenta come un percorso attraverso le possibili interpretazioni della natura. Tutto avviene in una prospettiva quasi alchemica: un lavoro rappresenta l’interpretazione scientifica, un altro il punto di vista chimico, e così via, fino alla dimensione virtuosamente intuitiva della pittura. È importante tenere presente che il centro della mostra resta esplicitamente il dipinto.
Al di là di ogni polemica sul rapporto tra arte concettuale e pittura, o tra installazione fatta con materiali poveri e figurazione, Polverari pone così spontaneamente i due termini della questione in armonica soluzione di continuità. Ma appunto, qui la pittura ha dichiaratamente un ruolo dominante, identificandosi nel vero e proprio traguardo, se non la ragion d’essere, dell’intero percorso espositivo.
Ovviamente la scelta del soggetto è decisiva. Il dipinto illustra infatti l’incontro di San Francesco con il lupo di Gubbio e, se a una prima lettura la nota vicenda esprime una raggiunta armonia tra essere umano e natura, a un livello più profondo essa indica qualcosa di ancor più prezioso. Il racconto riguarda la relazione tra essere umano e natura umana, con le sue luci e soprattutto le sue ombre.
Com’è noto la storia narra di un lupo che terrorizzava i cittadini di Gubbio, appunto ai tempi del santo. Francesco – il folle di Dio, che ci piace vedere qui come una sorta di genio poeta e ribelle - incontra il lupo, ma anziché domare o persino uccidere l'animale feroce, riducendolo nel migliore dei casi a creatura spenta e addomesticata, si pone in dialogo con lui e addirittura ne diventa amico. In virtù dell’intervento di Francesco il lupo non minaccerà più Gubbio, ma in cambio i cittadini dovranno portargli da mangiare tutti i giorni, accogliendolo in qualche misura tra di loro, nel loro mondo.




Oltre ogni lettura moralistica, qui azzardiamo una possibile interpretazione secondo cui la storia si fa metafora di una profondissima verità psichica. La vicenda può infatti suggerire che occorre accettare i lati oscuri del cuore umano, accoglierli e nutrirli, proprio come accade con il lupo. In questo modo, non solo le ombre della nostra stessa anima non faranno più paura, ma si riveleranno addirittura punti di forza, che saranno d’aiuto nella vita. Fosse anche solo per aiutarci ad allargare un po’ lo sguardo, oltre le apparenze e le consuetudini sociali codificate.
Nel racconto Francesco, con un po’ di sanissima follia, si fa così mediatore nel dialogo tra il mondo della natura e dell’animalità da un lato con l’umanità maldestra e un po’ impacciata, rappresentata dalla gente del paese, dall’altro. Analogamente, in questa mostra l’artista si pone alla ricerca di un’interpretazione, di un dialogo e di un linguaggio, fino a che la sintonia tra diverse forme espressive raggiunge il suo canto nella pittura.
L’unione alchemica tra concetto e gesto origina così una nuova tensione creativa e vitale, che trova nei tratti, come nelle luci e ombre generate dall’atto di dipingere, la sua più profonda chiave di lettura.

Maria Cristina Strati