Qui di seguito il testo critico pubblicato sul catalogo della mostra Aurore Valade. Ritratti, Torino 2009-2010, con alcune immagini della mostra.
L'esposizione si è svolta da Gas nell'aprile del 2010.
Riez, on vous aime! è il titolo di uno dei lavori della mostra, per la precisione il secondo che vedete in questo post.
Buona lettura!
Aurore Valade, Ritratti 2009- 2010
di Maria Cristina Strati
Dopo l’esperienza del 2008 Aurore Valade torna a esporre da Gas a Torino con una mostra pensata e creata appositamente per la galleria.
Le opere esposte sono state realizzate dall’artista in occasione di un periodo di residenza a Torino sostenuta dal Consolato Francese.
Il progetto, che nasce da una ricerca originale e accuratissima, prevede la realizzazione di immagini fotografiche composte secondo tre generi della pittura classica (ritratto, interno e veduta) e una quantità di altri riferimenti artistici e culturali, ordinati secondo uno studio preciso.
I soggetti sono tutti abitanti di Torino. Sono ripresi di profilo, su uno sfondo bianco, all’interno del loro appartamento. Sullo sfondo di ogni immagine campeggia una finestra o una vetrata dalla quale si scorge una vista sulla città.
Gli interni sono studiati in maniera meticolosa dall’artista, che ha scelto personalmente gli spazi e ha riadattato la disposizione di mobili e oggetti al fine di un’adeguata resa pittorica del risultato. In ogni fotografia è inoltre presente un rimando all’attualità, come una rivista o una televisione accesa, in cui compaiono scritte leggibili che spesso danno il titolo al lavoro.
Come si è detto, ogni immagine ha in sé allo stesso tempo tre generi storico-artistici. Il primo è il genere del ritratto, ripreso sempre di profilo. Qui l’artista prende a modello i dipinti storici di epoca rinascimentale, primo fra tutti il notissimo Duca di Urbino di Piero della Francesca, ma anche le fotografie dei trattati di etnologia e di antropologia culturale, cui si mescolano tendenze recenti dell’arte contemporanea (si pensi ad esempio ad alcuni lavori di Thomas Ruff). Il secondo genere è l’interno, che riprende le atmosfere dei dipinti fiamminghi. L’ultimo è infine la veduta, con ancora un richiamo esplicito all’arte rinascimentale.
Ogni immagine nasce da una minuziosa opera di fotomontaggio e fotoritocco, volta a dare alla fotografia le caratteristiche visive di un’opera pittorica classica. Ma, per esplicita volontà dell’artista, nonostante i decisi interventi tecnici e le rielaborazioni, le foto mantengono sempre una qualità realistica, restando fedeli alla verità oggettiva del momento effettivo della ripresa.
L’intero progetto espositivo è pensato come una serie, in cui i lavori si alternano gli uni agli altri creando una teoria armonica di figure, interni e vedute. La foto che conclude la teoria, dal titolo Il signore dei sentimenti (omaggio al regista francese Eric Rohmer, recentemente scomparso) presenta alcune visibili differenze di composizione, pur non distanziandosi dalle linee fondamentali del progetto.
Dal punto di vista teorico, tutta la ricerca di Aurore Valade nasce da una riflessione complessa, che, come si è visto, riunisce in sé spunti tra loro anche molto diversi. Sono possibili infatti alcuni rimandi immediati a pensatori francesi del calibro di Michel Foucault e Jean Baudrillard: il primo per la riflessione sul concetto di rappresentazione e la sua messa in discussione nell’epoca contemporanea; il secondo per gli aspetti teorici che riguardano la fotografia e il suo approccio, insieme evidente e problematico dal punto di vista ontologico, alla realtà.
Ma nel caso di questo specifico progetto una citazione in particolare permette di interpretare il lavoro attraverso spunti interessanti. In un breve testo del 1898 dal titolo Appunti sulla melodia delle cose il poeta e critico tedesco Rainer Maria Rilke rifletteva sul tema del ritratto nelle opere d’arte, in particolare sulle differenze tra il modo di raffigurare i santi e i personaggi nei dipinti medievali e l’inserimento della rappresentazione del paesaggio nel Rinascimento.
I santi che abitano i dipinti medievali sono rappresentati su uno sfondo dorato, che ne indica la beatitudine, ma che nel contempo li isola concretamente dallo sfondo e gli uni dagli altri. Nel Rinascimento invece (al di là di ogni considerazione storica a proposito dell’introduzione della prospettiva) l’integrazione del paesaggio e della veduta sullo sfondo è interpretata da Rilke come individuazione della possibilità di una più profonda relazione interpersonale, nel contesto di un nascente umanesimo.
La relazione, dal punto di vista di Rilke, si configura come la possibilità di porsi in dialogo dei personaggi che animano il quadro gli uni con gli altri, come dell’opera stessa con i suoi fruitori. Questa apertura, che non è meramente stilistica, avviene attraverso la rappresentazione del loro mondo attraverso un paesaggio, spesso dipinto come abitato e vivo. La veduta diventa così uno sfondo comune che testimonia il più profondo essere dei soggetti del quadro.
Ciò per Rilke avviene non solo se il paesaggio assume apertamente una funzione simbolica, ma anche e soprattutto quando il mondo rappresentato sullo sfondo può essere letto come spazio abitato e dinamico, condiviso e condivisibile. La veduta sullo sfondo è, nelle parole di Rilke, simile a una melodia comune: come se ogni personaggio fosse parte di un coro e la voce di ciascuno contribuisca a creare l’armonia dell’insieme.
Secondo il poeta, perciò, non è la fedele riproduzione della figura a far nascere la possibilità della relazione. Più importante è la rappresentazione e conoscenza del “mondo” che il soggetto vive, o meglio – nelle parole di Rilke - del “mondo dietro” la figura stessa. Il mondo che la figura umana mostra alle sue spalle, esprime delicatamente i suoi vissuti, pensieri ricordi. Si disegna così uno spazio percorribile per chi voglia comprendere, relazionarsi, entrare in dialogo proficuo e profondo.
Uno spazio che, nei lavori in questa mostra, passa ad esempio per l’interno abitato e carico di oggetti, cose e ricordi, per aprirsi infine sulla vista della città, o sul mondo comune e globalizzato testimoniato dai media (il giornale, la televisione) presenti nella foto.
In modo molto vicino al pensiero di Rilke il tema del ritratto - dove il personaggio appare isolato dallo sfondo, e che si affianca alla rappresentazione della veduta e dell’interno intesi come contesti rivelativi del modo di essere del soggetto - sono infatti argomento della ricerca che anima il progetto di questa mostra.
In questo lavoro di Aurore Valade, all’attenzione per gli aspetti storici e teorici, si accompagna inoltre una professionalità precisa e impassibile, volta a sostenere un equilibrio delicatissimo tra ricerca e tecnica, non senza una buona dose di ironia.
L'esposizione si è svolta da Gas nell'aprile del 2010.
Riez, on vous aime! è il titolo di uno dei lavori della mostra, per la precisione il secondo che vedete in questo post.
Buona lettura!
Aurore Valade, Ritratti 2009- 2010
di Maria Cristina Strati
Dopo l’esperienza del 2008 Aurore Valade torna a esporre da Gas a Torino con una mostra pensata e creata appositamente per la galleria.
Le opere esposte sono state realizzate dall’artista in occasione di un periodo di residenza a Torino sostenuta dal Consolato Francese.
Il progetto, che nasce da una ricerca originale e accuratissima, prevede la realizzazione di immagini fotografiche composte secondo tre generi della pittura classica (ritratto, interno e veduta) e una quantità di altri riferimenti artistici e culturali, ordinati secondo uno studio preciso.
I soggetti sono tutti abitanti di Torino. Sono ripresi di profilo, su uno sfondo bianco, all’interno del loro appartamento. Sullo sfondo di ogni immagine campeggia una finestra o una vetrata dalla quale si scorge una vista sulla città.
Gli interni sono studiati in maniera meticolosa dall’artista, che ha scelto personalmente gli spazi e ha riadattato la disposizione di mobili e oggetti al fine di un’adeguata resa pittorica del risultato. In ogni fotografia è inoltre presente un rimando all’attualità, come una rivista o una televisione accesa, in cui compaiono scritte leggibili che spesso danno il titolo al lavoro.
Come si è detto, ogni immagine ha in sé allo stesso tempo tre generi storico-artistici. Il primo è il genere del ritratto, ripreso sempre di profilo. Qui l’artista prende a modello i dipinti storici di epoca rinascimentale, primo fra tutti il notissimo Duca di Urbino di Piero della Francesca, ma anche le fotografie dei trattati di etnologia e di antropologia culturale, cui si mescolano tendenze recenti dell’arte contemporanea (si pensi ad esempio ad alcuni lavori di Thomas Ruff). Il secondo genere è l’interno, che riprende le atmosfere dei dipinti fiamminghi. L’ultimo è infine la veduta, con ancora un richiamo esplicito all’arte rinascimentale.
Ogni immagine nasce da una minuziosa opera di fotomontaggio e fotoritocco, volta a dare alla fotografia le caratteristiche visive di un’opera pittorica classica. Ma, per esplicita volontà dell’artista, nonostante i decisi interventi tecnici e le rielaborazioni, le foto mantengono sempre una qualità realistica, restando fedeli alla verità oggettiva del momento effettivo della ripresa.
L’intero progetto espositivo è pensato come una serie, in cui i lavori si alternano gli uni agli altri creando una teoria armonica di figure, interni e vedute. La foto che conclude la teoria, dal titolo Il signore dei sentimenti (omaggio al regista francese Eric Rohmer, recentemente scomparso) presenta alcune visibili differenze di composizione, pur non distanziandosi dalle linee fondamentali del progetto.
Dal punto di vista teorico, tutta la ricerca di Aurore Valade nasce da una riflessione complessa, che, come si è visto, riunisce in sé spunti tra loro anche molto diversi. Sono possibili infatti alcuni rimandi immediati a pensatori francesi del calibro di Michel Foucault e Jean Baudrillard: il primo per la riflessione sul concetto di rappresentazione e la sua messa in discussione nell’epoca contemporanea; il secondo per gli aspetti teorici che riguardano la fotografia e il suo approccio, insieme evidente e problematico dal punto di vista ontologico, alla realtà.
Ma nel caso di questo specifico progetto una citazione in particolare permette di interpretare il lavoro attraverso spunti interessanti. In un breve testo del 1898 dal titolo Appunti sulla melodia delle cose il poeta e critico tedesco Rainer Maria Rilke rifletteva sul tema del ritratto nelle opere d’arte, in particolare sulle differenze tra il modo di raffigurare i santi e i personaggi nei dipinti medievali e l’inserimento della rappresentazione del paesaggio nel Rinascimento.
I santi che abitano i dipinti medievali sono rappresentati su uno sfondo dorato, che ne indica la beatitudine, ma che nel contempo li isola concretamente dallo sfondo e gli uni dagli altri. Nel Rinascimento invece (al di là di ogni considerazione storica a proposito dell’introduzione della prospettiva) l’integrazione del paesaggio e della veduta sullo sfondo è interpretata da Rilke come individuazione della possibilità di una più profonda relazione interpersonale, nel contesto di un nascente umanesimo.
La relazione, dal punto di vista di Rilke, si configura come la possibilità di porsi in dialogo dei personaggi che animano il quadro gli uni con gli altri, come dell’opera stessa con i suoi fruitori. Questa apertura, che non è meramente stilistica, avviene attraverso la rappresentazione del loro mondo attraverso un paesaggio, spesso dipinto come abitato e vivo. La veduta diventa così uno sfondo comune che testimonia il più profondo essere dei soggetti del quadro.
Ciò per Rilke avviene non solo se il paesaggio assume apertamente una funzione simbolica, ma anche e soprattutto quando il mondo rappresentato sullo sfondo può essere letto come spazio abitato e dinamico, condiviso e condivisibile. La veduta sullo sfondo è, nelle parole di Rilke, simile a una melodia comune: come se ogni personaggio fosse parte di un coro e la voce di ciascuno contribuisca a creare l’armonia dell’insieme.
Secondo il poeta, perciò, non è la fedele riproduzione della figura a far nascere la possibilità della relazione. Più importante è la rappresentazione e conoscenza del “mondo” che il soggetto vive, o meglio – nelle parole di Rilke - del “mondo dietro” la figura stessa. Il mondo che la figura umana mostra alle sue spalle, esprime delicatamente i suoi vissuti, pensieri ricordi. Si disegna così uno spazio percorribile per chi voglia comprendere, relazionarsi, entrare in dialogo proficuo e profondo.
Uno spazio che, nei lavori in questa mostra, passa ad esempio per l’interno abitato e carico di oggetti, cose e ricordi, per aprirsi infine sulla vista della città, o sul mondo comune e globalizzato testimoniato dai media (il giornale, la televisione) presenti nella foto.
In modo molto vicino al pensiero di Rilke il tema del ritratto - dove il personaggio appare isolato dallo sfondo, e che si affianca alla rappresentazione della veduta e dell’interno intesi come contesti rivelativi del modo di essere del soggetto - sono infatti argomento della ricerca che anima il progetto di questa mostra.
In questo lavoro di Aurore Valade, all’attenzione per gli aspetti storici e teorici, si accompagna inoltre una professionalità precisa e impassibile, volta a sostenere un equilibrio delicatissimo tra ricerca e tecnica, non senza una buona dose di ironia.